Tragica illusione pensare di vincere il coronavirus senza sacrificio
venerdì 20 marzo 2020

Caro direttore,
comprendo le sacrosante preoccupazioni dei nostri virologi, che invitano tutti noi a restare in casa allo scopo di evitare il diffondersi del contagio del coronavirus, ma, occorre, se mi è permesso, visto i tonfi ormai quotidiani che affondano le Borse, dare un occhio anche all’economia. Non nascondiamoci dietro un paralume: economia e salute vanno di pari passo. Se non si produce ricchezza non si può garantire un adeguato sistema sanitario nazionale. Un po’ di umiltà farebbe bene anche alla scienza. Questa volta non è stata capace di dare una risposta pronta e risolutiva al problema. E, anche noi, questa volta abbiamo capito, che se la scienza non è capace di risolvere i problemi, dobbiamo alzare lo sguardo in Alto. Pensiamo, poi, a cosa vuol dire restare chiusi in casa per un mese: saremmo tutti in sovrappeso! E, pensiamo ai conflitti che si scateneranno nelle famiglie quando la costrizione a restare in casa si sprolungherà. Spero che il nostro Governo riveda la situazione non certo bella che si sta delineando infondendo ai cittadini di collaborare alla rinascita del nostro amato Paese, che non deve avvenire solo con le restrizioni o assumendo atteggiamenti passivi da parte di tutti noi. Se il nostro Governo, tramite le Regioni, fornirà a tutti noi adeguati dispositivi (mascherine e guanti) in tal e tutti rispettassimo la distanza di un metro, in tal modo, a mio giudizio, potremmo tornare ad appropriarci della nostra quotidianità: solo così potremmo combattere il virus.

Marco Ferrone Velletri (Rm)

Capisco il suo punto di vista, gentile e caro amico lettore, ma non lo condivido. Non ci sarebbe atteggiamento più “passivo” di fronte a questa pandemia di quello di chi dovesse far finta che si può vincere questa battaglia sanitaria senza disciplina e sacrificio. Inglesi e americani, e non solo loro, si sono illusi di farlo mettendo cose e soldi prima delle persone e, ora, stanno precipitosamente cambiando linea. Il prezzo lo pagheranno soprattutto i più deboli e i più poveri, ma non solo loro. Stavolta, insomma, abbiamo dato noi italiani una lezione utile alle altre democrazie, vediamo di non svalutarla e vanificarla. Non dico che sia facile o indolore, dico che fare muro contro il virus è necessario. Per difendere il nostro futuro e il presente dei più vulnerabili, che in Italia – Paese “anziano” – sono tantissimi.


I TRISTI FUNERALI DI DON ABBONDIO E LA BENEDIZIONE CHE NON MANCA

Caro direttore, l’altro ieri mi ha telefonato un amico chiedendomi di aiutarlo a trovare un prete che si recasse a casa sua per benedire la salma della suocera, deceduta improvvisamente quella mattina: «Ho chiamato il parroco e mi ha detto che “in base al decreto governativo i sacerdoti non posso recarsi nei domicili dei loro fedeli neppure in caso di morte”, ma mia suocera era una donna molto credente e il pensiero che sia portata via senza neppure una benedizione ci rattrista molto». Dato che facciamo parte della stessa parrocchia, ho provato a cercare al cellulare il viceparroco, ma il telefono squillava a vuoto. Alla fine mi sono rivolto a un amico prete che vive in un’altra zona delle città. «Certo, vado subito», mi ha risposto. Ora mi chiedo: è stato troppo prudente il primo sacerdote e incosciente il secondo? Oppure c’è qualcosa che non va nel tenere insieme il rispetto delle regole e il dovere della propria missione? Anche don Abbondio rispettò le regole, eppure...

E. R. Roma

Nessuna legge impone di non benedire i morti. E grazie alla dedizione cristiana e umana di tantissimi sacerdoti stiamo raccontando infinite storie di benedizione in questi giorni che sembrano maledetti. Su un punto bisogna poi essere chiari: nessun autorità della Repubblica, qui in Italia, può decretare che un prete debba rinunciare a “fare il suo mestiere”. Farlo con la massima accortezza possibile è un conto, non farlo affatto tutt’altro. Questo il Papa ha detto a tutti noi, lodando i sacerdoti che – parafrasando Manzoni – il coraggio se lo san dare, ovvero con giudizio e generosità sono fedeli alla propria vocazione.

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