Tommaso sotto tono. L'Italia dimentica il suo filosofo più noto
martedì 20 febbraio 2024

Al di là di ogni opzione confessionale o ideologica, Tommaso d’Aquino è stato senza dubbio il filosofo e teologo di maggior rilievo nella storia del nostro Paese, e certamente quello che ha esercitato la maggiore influenza al di fuori dei nostri confini – un impatto perfino superiore, in termini istituzionali, a quello di Dante, come attestano le tantissime strutture universitarie in tutto il mondo che portano tuttora il nome del maestro domenicano. Certo, la fortuna di Tommaso è legata anche al fatto di essere stato indicato – a partire almeno dall’Aeterni Patris di Leone XIII (1879) – come il principale e più autorevole punto di riferimento dottrinale per il pensiero cattolico. Ma questa scelta non era stata né arbitraria né casuale: la fortuna di Tommaso si era consolidata (anche a dispetto di forti resistenze) nei secoli precedenti, in Europa come nel Nuovo Mondo. Così come non è ai nostri giorni casuale il forte interesse da parte di alcuni filosofi analitici che – prescindendo appunto da ogni riferimento confessionale – considerano Tommaso non solo un interprete particolarmente acuto e originale di Aristotele e dei pensatori neoplatonici e arabi, ma anche come un filosofo capace di elaborare e proporre argomenti con cui vale ancora la pena di confrontarsi. Come Andrea Lavazza ricordava su queste pagine qualche settimana fa, ci sarebbe ora l’opportunità per rilanciare anche in Italia questa attenzione. Siamo nel mezzo di tre importanti anniversari relativi alla figura di Tommaso: nel 2023 si è celebrato il 700simo anniversario della canonizzazione (18 luglio 1323); quest’anno cade il 750simo anniversario della morte (7 marzo 1274); nel 2025, ricorrerà l’800simo anniversario della nascita (che si presume avvenuta appunto nel 1225). Ci si sarebbe aspettato che il nostro Paese, a partire dal Governo e dal Ministero della Cultura, celebrasse in modo adeguato questa singolare congiuntura, come era stato fatto per Dante nel 2021, in occasione del 700simo anniversario della morte. Lo stesso ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, rispondendo con sollecitudine a Lavazza, aveva annunciato la costituzione di un Comitato Nazionale. Ma il quadro non è al momento molto chiaro. Un Comitato Nazionale è stato effettivamente istituito, facendolo tuttavia coincidere con quello locale già proposto dal Comune di Priverno (nel cui territorio c’è l’Abbazia di Fossanova, dove Tommaso morì). Il Comitato – a cui il MiC ha concesso uno stanziamento di 50.000 euro – è presieduto, con encomiabile spirito di iniziativa, dal Sindaco di Priverno, Anna Maria Bilancia, ed include alcuni funzionari dello stesso Comune e altri enti locali. Tutto ciò va benissimo.

Vale però la pena di ricordare che il Comitato Nazionale istituito per le celebrazioni dantesche del 2021 era presieduto da un dantista di indiscusso prestigio (Carlo Ossola), raccoglieva tutti i maggiori specialisti di Dante delle Università italiane insieme ad alcuni autorevoli studiosi stranieri, e aveva ricevuto un finanziamento di 2.650.000 euro. Non sono però le cifre a fare la differenza: si può celebrare degnamente Tommaso con molte meno risorse (anche di quelle destinate dal ministero al 50simo anniversario della morte di Tolkien). La questione è un’altra: c’è realmente la volontà di ricordare in modo adeguato la più importante figura della storia intellettuale del nostro Paese? Eventi di grande portata su Tommaso si terranno a Parigi, Lisbona, negli Stati Uniti, in Canada e persino a Taiwan. In Italia sembrano essere previste solo iniziative di dimensione prevalentemente locale, certo di buon livello, ma senza alcun coordinamento. Se ci si fermasse qui, si dovrebbe solo prendere atto che Tommaso – nonostante la sua straordinaria statura intellettuale, di per sé non divisiva – appartiene ormai più alla cultura di altri Paesi che a quella italiana, e sarebbe un vero peccato.

Professore ordinario, Università di Torino

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