mercoledì 9 giugno 2010
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Caro direttore,è giusto che le spese per il «cattivo funzionamento o deficit della Sanità» di qualche Regione le paghino quegli stessi cittadini che ne hanno usufruito (malamente) sino ad oggi? Vedremo cosa stabilirà in proposito prossimamente l’auspicato federalismo. Penso però che se i conti non tornano, è perché c’è stato dello sperpero, degli errori ecc. I primi che dovrebbero pagare non sono i cittadini (vittime), quanto piuttosto si dovrebbe per giustizia e buon senso incominciare con forte partecipazione degli amministratori. Toccare nella borsa è far aprire gli occhi anche ai ciechi, diceva un proverbio del nostro Rinascimento. Per questo signori, profumatamente rimunerati (e che non lavorano in regime di volontariato), si dovrebbero stabilire criteri per una equa concorrenza alla copertura del disavanzo e, in primis, pensare a una pronta sostituzione. La proposta non è di semplice applicazione, ma ritengo che sarebbe molto efficace e procurerebbe dei buoni risultati, a iniziare da un uso molto più accorto e responsabile delle risorse pubbliche trasmesse alla sanità locale, scopiazzando anche quel tanto di buono che è già stato realizzato nel servizio sanitario gestito dalle migliori strutture non statali. E i cittadini? Concorreranno ancora in modo più limitato, ma sarebbero sensibilizzati e incoraggiati a usufruire del grande servizio sanitario con maggiore partecipazione e soddisfazione, perché vedranno dove vanno a finire le loro onerose contribuzioni, le trattenute sulla loro rimunerazione frutto dell’attività lavorativa o della pensione. È una considerazione da tenere ben presente e pur nella sua difficile applicazione va studiata, non abbandonata anche perché darebbe un chiaro segno che il federalismo serve veramente.Alessandro Olivieri, VeronaCura severa quella che propone, gentile signor Olivieri, per rimettere in sesto, di forza, le parti del Servizio sanitario nazionale malate di cattiva gestione (e, dunque, costose e inefficienti). Cura suggestiva, come lo è ogni ipotesi tesa a garantire quel doveroso atteggiamento responsabile nell’amministrare la cosa pubblica che un tempo sarebbe stato condensato nell’impegno ad agire con la «diligenza del buon padre di famiglia». Cura di difficile applicazione, lei dice. E io, mio malgrado, devo ammettere che ha proprio ragione. Infatti, nel Paese delle centomila leggi (una selva da disboscare per la quale è stato creato addirittura un ministero della Semplificazione, e aspettiamo tutti di vedere il risultato finale) chi usa in modo maldestro e/o cattivo le risorse pubbliche a lui affidate potrebbe già passare dei guai seri. Ci sono almeno due magistrature, quella ordinaria e quella contabile, che possono perseguire casi simili arrivando a sancire anche l’esclusione dai pubblici uffici. C’è, poi, un tribunale, quello degli elettori, che potrebbe sentenziare con inesorabile efficacia sulla malagestione di un politico. Eppure... Ricordo tutto questo non per scoraggiare lei e noi tutti, ma al contrario per incoraggiarci: a pretendere buona politica e buone pratiche amministrative, a vigilare sempre, a esercitare quel "potere" che chiamiamo opinione pubblica, a considerare in prima persona la possibilità dell’impegno politico, ad avere memoria e rigore quando siamo chiamati alle urne... Ma intuisco che lei pensa davvero anche all’introduzione di un sistema di sanzioni immediate – basato su misure patrimoniali nei confronti dei "colpevoli" e sulla rimozione dalla carica di dirigenti, assessori etc. – non appena si materializza un buco di bilancio in una qualche azienda sanitaria locale piuttosto che in un bilancio sanitario regionale. Beh, allora penso che la cura non sarebbe solo severa e suggestiva, ma semplicemente rivoluzionaria. Se stiamo arrivando a parlarne, caro Olivieri, non è per accademia, ma perché la misura è davvero colma e i cittadini-contribuenti hanno capito che il "federalismo" – al netto di ogni retorica – può essere uno strumento nelle loro mani, un modo per chiedere conto a uomini pubblici e dirigenti pubblici ben riconoscibili, più vicini e raggiungibili. Ritengo che possa e debba essere così, e credo che sia un bene.
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