lunedì 10 febbraio 2014
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Caro direttore,
vorrei aggiungere ancora un semplice commento alle opinioni che ho letto a proposito dei bambini nei ristoranti. Anch’io ho due figli (ormai sono grandi e mi hanno reso già nonno) e devo dire che, quando erano piccoli e capitava di andare al ristorante (sia in Italia che all’estero), non ho mai avuto problemi. Riconosco però che i miei figli stavano seduti a tavola e si alzavano solo quando necessario, senza recare alcun disturbo. Devo confessarle un peccato: oggi, se mi trovo al ristorante e ci sono dei bambini che girano per la sala correndo e schiamazzando senza che i tranquilli genitori si preoccupino di "recuperarli", non sono affatto contento. La cosa mi disturba. E se il ristorante fosse quello con il "doppio turno" (con bambini o senza), io sceglierei senza esitazione il secondo… A questo punto le confesso un mio secondo peccato: quando sono alla Messa della Domenica e sono presenti alcuni genitori che – approfittando degli ampi spazi che offre il luogo – "sciolgono" propri figli lasciandoli correre e giocare come se si trovassero ai giardini pubblici anziché in un luogo sacro, provo un disagio analogo, anzi più forte. Ammetto la mia limitatezza, ma in simili situazioni faccio molta fatica a seguire ciò che dice il celebrante. Apprezzo, sia chiaro, la buona volontà di quei genitori manifestata col partecipare alla Messa, ma penso che dovrebbero rendersi conto che ci sono anche altre persone che hanno lo stesso desiderio e intendono prestare una certa attenzione, e perciò dovrebbero regolarsi di conseguenza. La ringrazio per la pazienza e gradisca la mia stima e i miei più cordiali saluti,
Franco Di Gregorio
Ricambio stima e saluti, caro signor Di Gregorio. E noto che lei, giustamente, più che parlare di bambini che fanno i bambini, parla di genitori che non fanno i genitori. Genitori che dovrebbero «regolarsi», ovvero – dico io – dovrebbero «regolare». Dare, cioè, ai propri figli tutte quelle semplici, umanissime regole che ci sono necessarie per abitare con gli altri il mondo, la nostra città o anche solo la sala di un ristorante. Detto ciò, resto del mio avviso: non si escludono “a priori”, quasi per principio, le famiglie con bambini piccoli da un luogo pubblico, come se fossero loro, i piccoli, il “problema”. E penso anche, convinto di non scoprire nulla, che questo sia tanto più vero a proposito di ciò che qualche volta accade in chiesa, durante la Messa... Il problema, quando c’è e da qualche tempo c’è più spesso di prima, sono gli adulti che non fanno gli adulti: con l’esempio, con ferma pazienza e con giusta allegria. Bisogna avere il coraggio di riconoscerlo, e di dirlo. Proprio come quando in autobus o in metro vediamo un ragazzino o un giovane che stanno tranquillamente seduti (magari in un posto riservato…) lasciando in piedi persone anziane, o con le stampelle o mamme in attesa di un figlio. Tutte le volte che mi è capitato, ho fatto notare loro – sottovoce, senza aspra e inutile polemica – che era forse il caso di offrire il posto che occupavano. Qualcuno mi ha squadrato stupito, ma in genere non ci hanno pensato due volte e si sono alzati. Forse, sono stato fortunato. O, forse, bisogna soltanto insistere appena un po’ per non lasciare andare tutto lungo la china dell’indifferenza. Bisogna crederci nelle cose grandi e in quelle apparentemente più piccole. Tra queste ultime c’è di certo quella che una volta si chiamava “buona educazione” o “buona creanza”. È la disciplina gentile che aiuta i piccoli e i grandi a stare bene assieme. E non è affatto morta se continuiamo a usarla tra di noi, e a trasmetterla ai più giovani.
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