sabato 14 settembre 2013
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Caro direttore,
vorrei raggiungere il Papa attraverso il suo bel giornale, che leggo spesso, per dirgli: «Caro Papa Francesco, fra le decisioni "rivoluzionarie" che sta prendendo, non potrebbe aggiungere anche quella di accogliere il maggior numero possibile di profughi che scappano dai loro Paesi per guerre, fame, sopraffazioni di ogni genere e sbarcano sulle nostre coste?».
Alcuni amici miei, con i quali gioco a carte presso il nostro Centro Anziani, dicono: «Il Vaticano continua a parlare di carità, ma loro di profughi non ne vogliono sapere». Io mi sento a disagio non sapendo cosa rispondere. E questo perché la penso esattamente come loro. Voglio ringraziare il Signore per averci dato Papa Francesco. Sono certo che egli questo problema l’ha già nel cuore e non mancherà di fare quanto possibile per dargli soluzione. Penso di non dover aggiungere altro, se non i ringraziamenti per l’ospitalità, augurando nel contempo il sempre maggior successo di "Avvenire".
Giuseppe Birolini, Albino (Bg)
La sua lettera, gentile signor Birolini, mi è arrivata sul tavolo proprio mentre echeggiavano le parole di Papa Francesco sui «Rifugiati carne di Cristo» (il nostro titolo di prima pagina di mercoledì) e sul dovere di «aprire», e non solo metaforicamente, le porte – specialmente quelle dei «conventi chiusi» – ai fratelli colpiti dalle persecuzioni e costretti a fuggire dai loro Paesi. Complimenti, caro amico, come vede aveva ragione: Francesco il problema «l’ha già nel cuore»... Ciò che i suoi amici del Centro Anziani di Albino dicono e che anche lei pensa è, insomma, nella preoccupazione del Papa. E questo, credo, per diversi motivi. Innanzi tutto, c’è una ragione viva, quella per cui in molti conventi, come il Papa sa e ha detto, «si fa già tanto» e in tanti modi, anche sul piano dell’accoglienza. Ma dagli uomini e dalle donne votati a Cristo nessuno in fondo si aspetta niente di meno, perché da secoli e secoli è proprio così che seguono la propria vocazione, da qualcuno forse attenuata e persino tradita, ma da una vera moltitudine corrisposta con gioia: scegliere Dio, preservare aumentare e condividere nei modi più intensi la bellezza e la profondità della spiritualità e della cultura umane e, nello stesso tempo, ricevere, sfamare e curare quelli che sono in difficoltà. Pochi altri sanno farlo con tale costanza e intensità. La nostra storia italiana ed europea (e non solo essa) porta impresso questo segno forte e santo. Un lungo “segno dei tempi”, che si rinnova e che, oggi, dice Francesco, va interpretato con «criterio, responsabilità e anche coraggio». Certo, caro signor Giuseppe, la cronaca di questi anni ha proposto e propone anche altro. A volte è una cronaca amara, altre è superficiale, altre ancora è persino maliziosa... Beh, non è una scoperta che i pensieri e le parole scontente su ciò che i «conventi» fanno o non fanno dipendono, anche, da ciò che i mass media dicono o non dicono o, magari, dicono in modo distorto. Una cosa, però, è sicura. Il Papa ha chiesto di trovare modi per fare ancora più bene di quanto già non se ne faccia, ridando slancio a vocazioni e carismi, sgombrando il campo dai luoghi comuni sulla Chiesa che «fa i soldi» e predica giusto, ma razzola male. E questo c’è da fare. Grazie per gli auguri, che ricambio di cuore. 
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