Pandemia, guerra ed ecodisastri. È ora: aiutiamoci, che Dio ci aiuta
sabato 9 luglio 2022

Gentile direttore
gli accadimenti che da qualche tempo a questa parte interessano il nostro pianeta inducono, a mio modesto avviso, a qualche riflessione circa le cause recondite a cui si possono attribuire. Fermi restando motivi di casualità naturale, mi ritrovo a pensare che ci sia in tali accadimenti una sorta di punizione inflitta all’umanità dall’alto. Ci colgo il distacco sempre più evidente degli uomini, specie di quelli che hanno il potere politico ed economico, dalle più semplici regole che sono state indicate tanto tempo fa riguardo all’amore verso il prossimo, la solidarietà e la condivisione dei beni che ci sono stati elargiti per una convivenza nella quale nessuno faccia prevalere i propri interessi a danno degli altri fratelli. Questo distacco è la negazione dell’insegnamento cristiano. E tale modo di operare trova una punizione che mi sembra meritoria, atteso che non si scorge alcun segno di ripensamento da parte di chi ha il potere di mutare lo stato delle cose. Si muore per il Covid, per le guerre che insanguinano tantissime parti del mondo, per il pericolo di carestie perché non c’è accordo nell’inviare il grano a chi soffre la fame ecc. ecc. Mi scusi questa mia riflessione... vorrei solo che le menti degli uomini si illuminassero del messaggio d’amore di Cristo e operassero di conseguenza.

Giuseppe Frigione​
Roma

Caro direttore,


sull’Egitto arrivarono le bibliche piaghe, ma questi due ultimi anni altro che piaghe d’Egitto! E la domanda sul perché è quanto mai incombente. Difficile dare una risposta. Le piaghe d’Egitto hanno una ragione, il Faraone che non lascia tornare gli ebrei nella loro terra, ma oggi perché la pandemia, perché la guerra, perché la siccità, perché la tragedia sulla Marmolada? Chi non lascia andare chi? Difficile se non impossibile la risposta, una cosa è certa: la nostra fragilità è quanto mai evidente, e la fragilità grida a Dio, l’unico che non cede in un mondo che si frantuma. Questo urge oggi, affidarsi a Dio che solo può sostenerci mentre tutto vacilla e crolla.



Gianni Mereghetti
Abbiategrasso (Mi)



Le due lettere con cui ho scelto oggi di dialogare brevemente si rincorrono nelle loro argomentazioni. Egualmente appassionate e tese ad affrontare un nodo che si stringe con ciclica forza quando nella vita delle persone e delle comunità più “piaghe” si aprono contemporaneamente o, comunque, in impressionante e drammatica sequenza. È quanto sperimentiamo in questo nostro tempo complicato, tra pandemia, guerra, siccità-carestia e altri disastri ambientali. Condivido l’ansia di giustizia e di solidarietà del signor Frigione, e come ogni credente mi interrogo sull’idea di una punizione divina per l’individualismo egoista e bellicista che segna in tanti modi le nostre società. Ma come il lettore Mereghetti leggo questi eventi soprattutto come un invito all’affidamento a Dio e, aggiungo, come una chiamata alla nostra responsabilità che è sempre personale e condivisa. Non c’è io senza tu e senza noi, e viceversa. Affidamento e (cor)responsabilità vanno sempre insieme, anche nella mia esperienza. E consentono di fronteggiare con tenacia, pazienza e unità fraterna le prove, senza lasciarsi abbattere da esse oppure trascinare nel gorgo della violenza, anche se tutto – secondo la logica del mondo – sembra parlarci di disperanza e di sconfitta. Una saggezza antica si è condensata nel detto “Aiutati, che Dio ti aiuta”. Oggi mi piace scriverlo così: “Aiutiamoci, che Dio ci aiuta”.

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