«Come ti chiami?» e non «da dove vieni?». Va ascoltato il canto dei piccoli
domenica 26 maggio 2024

Si fa presto a dire bambini. Definiti da un diminutivo – tra le varie origini possibili della parola viene indicato il termine bambo, cioè babbeo – sono stati a lungo considerati una miniatura più stupida, immatura e immorale di uomini e donne. Per fortuna le convinzioni cambiano, la scoperta dell’infanzia - nel XVII secolo - è stata un passo avanti per l’umanità e oggi i bambini hanno la considerazione che meritano. Quelli fortunati, va da sé, a cui la vita non risparmia problemi piccoli e grandi ma che hanno esistenze serene, che non fanno notizia, sanamente anonime.

Sono le categorie del rischio a portare alla ribalta i bambini, a descriverli attraverso ricerche e studi a cui i media danno enfasi: perché sono obesi, bullizzano o vengono bullizzati, stanno costantemente davanti a uno schermo, mentono spudoratamente per frequentare i social, videogiocano eccessivamente, non fanno sport, smettono di leggere appena compiono dieci anni, si fanno abbindolare dalle fake news... Ce n’è per tutti. I bambini sono anche questo. Però i difetti non possono competere con le qualità che le ricerche scientifiche ignorano per statuto e i media per mancanza di spazio da dedicare al positivo.

Il variegato universo descritto da quelle sette lettere papa Francesco lo ha chiamato a raccolta e quello non si è fatto pregare: ieri allo stadio e in piazza San Pietro oggi c’è la meglio gioventù. Un bel po’ di cicciotelli e animatori di TikTok, smartphone dipendenti e pigri conclamati, persone senza denti davanti che maneggiano il digitale meglio dei genitori, gente che si diverte, che tiene il broncio ma gli scappa di fare pace, che canta stonato, che si abbraccia e si sbraccia, che suda e domani sarà senza voce. Bambini abituati a chiedere «come ti chiami?», ma non più «da dove vieni?», cresciuti in quella grande fucina di integrazione che è la scuola, cittadini del mondo a cui docenti generosi insegnano il valore della differenza, una solidarietà agita e non solo predicata.

Parla di pace ai bambini, Francesco: troverà terreno fertile perché, anche se in modo non consapevole, sono già l’avanguardia pacifica di questo mondo: sono in pace con la Terra, che noi adulti abbiamo ridotto al lumicino, rispettosi dell’ambiente quanto le generazioni precedenti non sono mai state. Hanno amici e nemici, come tutti, ma non li scelgono in base al colore, non fanno caso alle imperfezioni – piccole e grandi - che imbarazzano gli adulti. Sono in pace con la diversità, che spesso accettano e comprendono più dei genitori; praticano l’arte della convivenza (che è molto diversa della semplice tolleranza), accolgono la discordanza.

E lo fanno con semplicità, riuscendo a non essere banali, proprio come chiedeva il Papa quando ha scritto ai bambini il suo invito a partecipare alla Gmb: «Il mondo si trasforma prima di tutto attraverso le cose piccole, senza vergognarsi di fare solo piccoli passi cominciando dalle cose semplici, come salutare, chiedere permesso, chiedere scusa, dire grazie». O non dimenticare i coetanei che a ogni latitudine, Italia compresa, non hanno vita facile. È il compito assegnato da Francesco: «Vi raccomando di non dimenticare chi di voi, ancora così piccolo, già si trova a lottare contro malattie all’ospedale, chi è vittima della guerra e della violenza, chi soffre fame e sete, chi vive in strada, chi è costretto a fare il soldato o a fuggire come profugo, chi non può andare a scuola, chi è vittima della droga». Faranno ben di più che limitarsi a ricordare, questi bambini. Lo hanno promesso, ieri, cantando a squarciagola l’inno della Gmb: siamo la novità del mondo, siamo il futuro, siamo la vita.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: