L’incognita dentro le urne
sabato 29 luglio 2023

C’è un’inevitabile asimmetria tra l’Italia e gli Stati Uniti in termini di peso geopolitico. Questa circostanza ha reso spesso le visite alla Casa Bianca dei nostri presidenti del Consiglio una sorta di esame all’alleato da parte della superpotenza. In un mondo che tende a diventare multipolare non è necessariamente più così, come ha evidenziato l’invito a Pechino ricevuto da Giorgia Meloni e da lei reso noto appena concluso il suo colloquio con Joe Biden.

Eppure, per un nostro capo di governo, sedere nello Studio Ovale faccia a faccia con il presidente americano resta un evento di grande importanza politica e diplomatica.

I grandi sorrisi offerti alle telecamere in questa occasione sono confermati anche dalle analisi degli osservatori più attenti e dai circoli stretti dei due leader. I colori degli esecutivi possono essere diversi, ha sottolineato Meloni, ma la sintonia e l’amicizia tra i due Paesi restano forti. La premier raccoglie nel viaggio oltreoceano ciò che ha seminato negli ultimi dieci mesi. Ed è probabilmente la differenza tra i timori che avevano accompagnato la sua elezione e la realtà delle scelte compiute ad averle guadagnato un sovrappiù di gradimento in seno all’Amministrazione democratica.

Una “nipote” di Mussolini nelle semplificazioni di certa pubblicistica Usa, Meloni ha costruito la sua ascesa con prese di posizioni internazionali non sempre allineate a una visione atlantista e liberale. Poi la recente determinazione nell’appoggio all’Ucraina aggredita e la condanna senza esitazioni dell’imperialismo di Putin hanno rasserenato l’orizzonte osservato da Capitol Hill. L’Italia a guida destra-centro si è dimostrata partecipe e attiva nel rilancio della Nato durante la crisi ancora aperta nel cuore dell’Europa e non ha concretizzato quelle pulsioni anti-Ue che spesso hanno punteggiato la campagna elettorale interna. Questo stava a cuore all’America di Biden. Le preoccupazioni erano probabilmente esagerate (non ha senso avanzare paragoni con le relazioni della Casa Bianca con

Orbán o Bolsonaro), ma si sa che uno “scampato pericolo” dipinge di rosa anche una situazione ordinaria. E la premier è diventata adesso l’“amica” Giorgia. Non sappiamo se la cosa sia reciproca. La consonanza sui valori di libertà, democrazia e rispetto della legalità internazionale non è in discussione. La premier, tuttavia, ha da tempo manifestato forti simpatie per i conservatori americani e per lo stesso Donald Trump. Non sarà sfuggito al Dipartimento di Stato il recente e accorato messaggio di sostegno elettorale all’ultradestra spagnola di Vox. Per ora, tutto questo sembra possa essere messo fra parentesi da entrambi. L’America chiede compattezza sull’Ucraina e un allontanamento graduale dalla Cina, cui l’Italia è ancora legata formalmente dal punto di vista economico – unica tra i G7 – tramite un memorandum sulla Belt and Road Initiative firmato dal governo Conte.

Meloni cercava legittimamente riconoscimento e visibilità per sé, il rilancio dei legami bilaterali, una rinnovata cooperazione internazionale sul tema delle migrazioni e la promozione degli interessi nazionali dal punto di vista industriale e commerciale. Qui si salda il tema dei rapporti con il gigante cinese.

Dalla premier c’è volontà di liberarsi di un vincolo stretto che non pare portare grandi benefici; rimane però il desiderio di tenersi un altro tavolo aperto, nella consapevolezza che del grande mercato di Pechino non si può fare a meno (e nessuno in realtà se ne allontana, Stati Uniti compresi).

Vista dall’Italia, la visita si può quindi giudicare ben condotta e ben riuscita. Ma non si può dimenticare che il 2024 sarà un anno di voti decisivi, sia proprio a Washington sia per l’Europarlamento con a cascata la nuova Commissione Ue.

Due snodi fondamentali per la stessa Meloni, divisa all’apparenza fra il fronte latamente sovranista – che guarda al predecessore ed acerrimo avversario di Biden e verso alleanze orientate a controverse chiusure nazionalistiche – e la postura di leader internazionale oltre i settarismi che sta cercando di costruirsi. Gliel’avrebbe sussurrato anche l’attuale inquilino della Casa Bianca. Il rispetto dei diritti civili nell’accezione più ampia (che per i democratici Usa includono gli orientamenti sessuali), della libertà dei media, delle garanzie e degli equilibri tra poteri costituiscono i pilastri della comunità delle democrazie promossa dallo stesso Biden.

Finché la guerra d’invasione preme alle porte e Xi Jinping agita su Taiwan la minaccia dell’annessione, sono aspetti (reali o solo evocati come rischi) che non prenderanno la scena delle relazioni tra America e Italia. Ma dietro i sorrisi dello Studio Ovale questa è l’incognita dei prossimi mesi. Come si schiereranno gli elettorati statunitensi ed europei? E come si posizionerà la politica estera decisa dal governo di Roma? I due scenari si influenzeranno a vicenda. E diranno di che tenore sarà il prossimo incontro tra il presidente Usa e il nostro presidente del Consiglio.

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