sabato 11 settembre 2010
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Caro direttore,parto - ma solo per cronologia - dal gesto di Rubina, figlia ventenne di un giudice toscano, che mercoledì scorso ha cercato di colpire con un razzo fumogeno il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, persona di 62 anni che avrebbe anche potuto lasciarci la vita. Si è parlato tanto di una «ragazza violenta» e della sua frequentazione di «movimenti antagonisti», ma non della responsabilità di chi l’ha educata e soprattutto di suo padre, giudice. Nessuno ha ragionato e si è interrogato su come un giudice possa rappresentare etica e legalità dello Stato se neppure è in grado di educare una singola cittadina, sua figlia. Si discute spesso di caste e poteri. Quella più grande («ultracasta», la chiama un recente libro) è forse proprio quella dei giudici; godono di immunità che nemmeno il capo dello Stato ha; non rispondono dei loro errori professionali (nonostante l’esito di di un referendum ormai lontano) al contrario di medici e avvocati che sono giustamente sanzionati se e quando sbagliano; non sono eletti dal popolo ma si eleggono tra loro; non rispettano il principio della divisione dei poteri (legislativo, esecutivo, giuridico) per cui nella pratica molti giudici vanno tranquillamente a far politica… Non stupiamoci dunque se decidono, per motivi ideologici o personali, di non applicare leggi dello Stato, andando contro la volontà di Parlamento e popolo, come ad esempio la legge del 2006 sull’affidamento condiviso dei figli nelle separazioni (bigenitorialità, pari genitorialità), tant’è che dopo 4 anni tutte le statistiche sulle sentenze dicono una cosa sola: i tempi di frequentazione genitore-figlio sono rimasti gli stessi di prima del 2006: 80% madre e 20% padre, con i danni che ne conseguono. Forse sarebbe il caso di togliere ai giudici un po’ di questo strapotere e prevedere sanzioni nei confronti di quelli che sbagliano, talvolta anche sui più elementari valori umani come uguaglianza e rispetto.

C.Costantini

Caro direttore,il segretario della Cisl Bonanni vorrebbe dire alla ragazza che lo ha aggredito a Torino di non lasciarsi traviare da cattivi maestri e da ideologie morte. Questa esortazione mi fa riflettere sul fatto che per alcuni dei testi scolastici maggiormente in uso nella scuola secondaria di primo grado tali ideologie non sono morte affatto, né si bada a sottolinearne la negatività. A pagina 114 di "Scambi tra civiltà", volume 3, un libro di Vittoria Calvani, leggo che con Marx (testualmente) «gli operai trovarono il loro Messia», mentre a pagina 257, a seguito del Patto Molotov-Ribbentrop, si afferma che nazismo e comunismo, lungi dall’essere due totalitarismi che con tale patto si svelarono analoghi, sono «due visioni del mondo tra loro inconciliabili». Anche a causa di tali maestri, ideologie morte e sepolte continuano a esercitare il fascino dell’utopia tradita sulle menti più fragili delle nuove generazioni.

Elisabetta Cipriani - Agliana (Pistoia)

I «fatti di Torino», gentili lettori, hanno suscitato emozione e reazioni forti. E meno male. È giusto che gli eventi violenti vengano "sentiti" senza condiscendenze e sottovalutazioni, che si manifesti una robusta capacità di indignazione e di allarme e che la memoria del passato sostenga la lettura del presente e la preoccupazione del futuro. Trovo, perciò, opportuno il richiamo della signora Cipriani su certo pervasivo "luogocomunismo" assolutorio riguardo ai totalitarismi di sinistra. Ma attenzione. La lettera di Costantini, infatti, pur sollevando problemi assai seri, finisce per mettere insieme questioni distinte e in qualche caso davvero distanti. E il filo rosso che la pervade è una polemica verticale con la magistratura. Beh, francamente non capisco che cosa c’entrino i veri o presunti eccessi di qualche pm o di qualche giudice con l’aggressione al segretario generale della Cisl alla festa nazionale del Pd. Dovrebbero entrarci per il fatto che la "sparatrice di fumogeni" è risultata essere figlia di un uomo in toga? Certo, la cosa colpisce. E so anch’io che tutti (o quasi) sono pronti a dire che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, ma che moltissimi non ci pensano due volte a far ricadere sui padri le malefatte dei figli. E se questo è il punto, il problema è davvero enorme. Per questo mi chiedo: ha davvero e sempre senso un’operazione del genere? È possibile un giudizio, sommario e automatico, di questo tipo? Io non lo credo affatto. Penso, invece, che storia e cronaca spieghino con grande eloquenza che le vite e le azioni dei figli possono essere, nel bene e nel male, potenti segni di contraddizione rispetto alle vite e alle testimonianze dei padri. Da cristiano, per di più, so che la mia libertà di figlio proviene dall’amore del Padre, ma non arriva mai a essere il metro di quell’amore. Spero di essermi spiegato. Anch’io sono padre, e ho una serena (anche se non sempre facile e felice) consapevolezza dei doveri educativi che questo comporta e un’altrettanto serena (e non sempre felice e facile) consapevolezza di non essere il padrone delle mie figlie. Proprio per questo non giudicherò mai un altro genitore - giudice od operaio, artista o politico - dalle libere scelte di suo figlio o di sua figlia. Continuerò piuttosto a mettermi nei suoi panni, e continuerò a fare lo sforzo che già tento nella mia stessa vita familiare per riuscire a leggere i fatti con occhi da padre. Cioè nel modo più profondo e lucido possibile, e mai vanamente indulgente.
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