venerdì 17 aprile 2009
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Caro Direttore, da qualche settimana mi giunge in saggio Avvenire, quotidiano d’ispirazione cattolica. Stavo quasi per decidere d’abbonarmi. Il titolo a quattro colonne di mercoledì 8 mi ha letteralmente sconvolto: «Il demone non dà tregua». È chiaro che possono darsi diverse spiegazioni più o meno plausibili, ma l’ispirazione cattolica del giornale, non lascia dubbi ad interpretazioni diverse da quella che a primo impatto ti colpisce. Si può attribuire al demonio lo scempio che gli uomini hanno fatto del territorio? Si possono attribuire al maligno responsabilità che appartengono alla cupidigia dell’uomo? Si può ancora credere nel 2009, a un improbabile intervento del nemico, ciò che la improvvida mano dell’uomo ha costruito? In conclusione cosa c’entra il demone in una tragica vicenda tutta umana e molto italiana? Caro direttore, me lo può spiegare in parole semplici? Grazie e sono poco sicuro che questa mia considerazione potrà trovare ospitalità nel suo quotidiano.

Cosimo Vitti

L'infallibilità è prerogativa preziosa ma esclusiva del Papa (che ne ha fatto storicamente un esercizio limitatissimo). Avvenire, purtroppo, non ne partecipa. Quindi può succedere – parlo in generale – che commetta degli errori, agevolati dalla «deperibilità» intrinseca a un quotidiano: si lavora sotto l’assillo inesorabile dell’orologio che scandisce l’avvicinarsi dell’ora della chiusura in tipografia, quando tutti i giochi sono fatti e le correzioni diventano impossibili. Per questo, anche se riuscissi a dimostrarle la plausibilità di quel termine in quel titolo, rimarrebbe sempre sullo sfondo la possibilità di sbagliare, o di non azzeccare un termine. Nel caso specifico tuttavia credo sia sufficiente fare riferimento a nozioni basilari di catechismo per capire che il nostro uso era lecito e, anzi, del tutto appropriato. L’azione del demonio e quelle degli uomini malvagi non sono realtà alternative. Come recita il Catechismo della Chiesa cattolica (Ccc) al n. 2854, «Chiedendo di essere liberati dal male, noi preghiamo nel contempo per essere liberati da tutti i mali, presenti, passati e futuri, di cui egli è l’artefice o l’istigatore». È il maligno che ispira la malizia degli uomini, essa stessa infatti frutto del peccato, e orienta la loro azione al male. Quando l’uomo fa scempio del territorio, disdegnando di applicare i criteri definiti dalla scienza e caldeggiati dalla prudenza, egli asseconda una logica che può essere definita propriamente come demoniaca. Il potere oscuro del maligno si esplica sollecitando l’egoismo, rendendo incuranti delle conseguenze di scelte sciagurate e di omissioni che aprono varchi ai disastri naturali, morali e sociali. Così, le catastrofi naturali, la cui genesi è ancora incontrollabile dall’uomo, possono dolosamente trasformarsi in tragedie. Contro tutto ciò, continua a salire insistente dal cuore dei credenti, l’invocazione conclusiva del Padre Nostro: «Ma liberaci dal male... La nostra interdipendenza nel dramma del peccato e della morte diventa solidarietà nel corpo di Cristo, nella comunione dei santi» (Ccc, n. 2850).
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