Si fa presto a dire libertà, ma deve fare rima con realtà e responsabilità
sabato 17 luglio 2021

Caro direttore,
il dibattito politico di questi ultimi giorni sta mettendo al centro la discussione sul cosiddetto ddl Zan e la necessaria accelerazione della campagna vaccinale, a partire dai soggetti più giovani. È curioso osservare come su questi temi vengano a crearsi assi politici trasversali a favore o contro le posizioni in campo, con la destra e la sinistra in movimento sul terreno della difesa delle libertà. L’impressione è che proprio il concetto di libertà venga stressato al punto da interpretarlo opportunisticamente come il diritto del singolo individuo di poter fare ciò che vuole e preferisce, a prescindere da qualsiasi nesso o condizione. Eppure il contesto della realtà in cui si vive (così come la sessualità) è un dato, non una scelta. Mi chiedo allora quale sia il senso di alcune tra le parole più importanti della vita come la libertà, l’amore, la giustizia, la fratellanza, l’amicizia, ma anche i concetti di comunità, popolo e patria. Senza valori condivisi e partecipati, sui quali si fonda ogni società, diventa impossibile qualsiasi forma di convivenza: ne è un esempio la Nazionale di calcio che ci ha regalato la vittoria degli Europei, fondata com’è stata su principi e obiettivi comuni. Favorendo, invece, la condizione della legge del più forte nell’opinione pubblica, nel potere costituito o nella giustizia, assistiamo all’affermazione di un liberismo violento, ovvero un pericoloso individualismo.
La drammatica premessa svela come profetica la celebre canzone "Destra sinistra" dove ironicamente Giorgio Gaber si interrogava sui concetti e sui luoghi comuni che identificavano l’una e l’altra parte politica. Da un anno e mezzo è evidente che siamo rimasti "schiavi" di un virus, indeboliti nella nostra condizione umana. Davanti a questa condizione è sopravvenuto il vaccino, un fatto decisivo che sta cambiando gli scenari, una "conquista scientifica" che, unitamente alle ormai note abitudini di comportamento, rappresenta la frontiera della libertà. Ci sono tante persone (molte per superficialità, alcune per difficoltà, poche per princìpi ideologici) che non hanno aderito e non colgono questa opportunità. Nel mezzo si stanno inserendo gli appelli alla libertà dei singoli individui per non aderire a queste proposte essenziali per il riscatto di tutti noi. Ma di quale libertà e dignità della persona stiamo parlando? Il punto di verità è che oggi ognuno è chiamato a una responsabilità, cioè aderire alla vaccinazione e ai comportamenti corretti, per essere insieme liberati e, quindi, partecipi alla costruzione del bene comune.
Auspico che si arrivi al giudizio di questa classe politica non certo sulla base di quanti messaggi cinguetta sui social, ma per i contenuti che pone. Gli italiani faticano ormai a discernere quale sia la destra e quale la sinistra di fronte alla totale incapacità di comprendere la realtà che viviamo e il concetto di libertà.
Antonio Intiglietta, presidente Ge.Fi.

Gentile e caro presidente Intiglietta, da quando ho letto e condiviso – come faccio ora con tutti gli altri amici lettori – le sue considerazioni ho nelle orecchie quel ritornello di Gaber: «Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra...». E una serie di strofe memorabili che, tra sincopi e fulmini, scorticano ancora oggi tutti i possibili luoghi comuni. Sino al "basta!" finale, che non suona come il tonfo di una porta chiusa, ma come un invito a coltivare non solo slogan d’occasione, ma pensieri lunghi. Di quelli che, come anche lei spera, possono davvero aiutare a «comprendere la realtà che viviamo e il concetto di libertà». E a farlo per passione e per ragione, non per vertigine e per stress. Già, vertigine e stress.
La vertigine e lo stress di una sinistra che un tempo si proponeva di lottare per liberare e cambiare in meglio la realtà degli uomini e delle donne e che oggi, messa in riga dai mercatisti influencer di stagione, con il ddl Zan (così com’è scritto ora) la realtà dei due sessi pretenderebbe, invece, di abrogarla o, se volete, di fluidificarla. E la vertigine e lo stress di una destra che una volta si preoccupava di instillare i concetti di disciplina e ordine e che, invece, oggi finisce con l’abbracciare un liberal-individualismo «violento» e, aggiungo io, cialtrone che non riconosce neppure i limiti della sicurezza sanitaria, rifiuta i vaccini, nega l’evidenza dei cambiamenti climatici, rivendica il mitico "vietato vietare" e costi quel che costi, ohibò, arriva a invocare addirittura il fondamentalissimo diritto alla movida.
Siamo di un’altra scuola, caro Intiglietta. In compagnia dei tantissimi , più di quanti non si ritenga, che continuano a sperimentare come la vera libertà faccia sempre rima con la realtà e con la responsabilità verso gli altri, verso se stessi, verso il mondo di cui siamo parte e – se si crede – verso Dio. Questo è un concreto e sano «luogo comune». E, quale che sia la nostra preferenza partitica, conviene custodirlo insieme.


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