«Il consenso non viene dal buon governo». Invece sì: siamo noi a dover scegliere
martedì 9 giugno 2020

Gentile direttore,
lei domenica 7 giugno scrive: «E qui dico forse una banalità, ma purtroppo mai abbastanza ripetuta e compresa: servire l’interesse nazionale e fare scelte sagge e produttive nel segno di quello che definiamo Bene comune, è buono anche per la ricerca di consenso delle diverse forze e personalità politiche». Non è questione di comprensione. È che non è vero. Non è vero che chi fa il Bene comune ha più consenso (anche se mi piacerebbe che fosse così): il partito che ha più consensi in Italia ha lo slogan ‘Prima noi’ ... Sono convinto che si tratta di una strategia che ci prepara un pessimo futuro. Parlo della mia Regione: gli elettori calabresi hanno forse eletto a rappresentarli consiglieri che curassero i loro (degli elettori) particolari interessi, peccato che i consiglieri si sono affrettati a curare i loro (dei consiglieri) particolari interessi ...

Rocco Cangialosi

Non sono ingenuo, gentile signor Cangialosi. E sono realista. Ma non mi stanco e non mi stancherò di ripetere a chi, come in sostanza lei, mi dice che “il buon governo non paga” che invece « ciò che fa bene al Paese, fa bene anche a chi lo rappresenta e governa». Credo insomma che la stragrande maggioranza degli italiani sia in grado di riconoscere e premiare un amministratore pubblico onesto e corretto rispetto a uno che, per esempio, i soldi per l’acquedotto nuovo se li mette in tasca o li usa in modo utile solo secondo una logica clientelare o furbescamente propagandistica. È come quando si dice che l’informazione italiana è piena zeppa di cronaca nera “perché è questo che gli italiani vogliono”. Sono alibi per scelte sbagliate, non la consacrazione di quelle scelte... E sono convito che è proprio questione di capirlo, di metterselo bene in testa e di regolarsi di conseguenza, facendolo sentire a chiunque esercita un potere. Siamo noi a far pendere la bilancia dal lato giusto, Lei è molto esigente e severo con la classe dirigente della sua Regione, e la storia di questi anni dice che ha anche serie ragioni per esserlo, ma non precipiti i giudizi. Alla logica – e all’arrivo inesorabile – di un «pessimo futuro» per la propensione di ognuno – elettori ed eletti – a curare il proprio “particolare” non ci si può rassegnare. Non tutti siamo così, in Calabria e in tutta Italia. Coraggio, allora, a noi tutti. Buona vita e buone civili battaglie.

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