Nel giorno 106 della guerra in Ucraina, i combattimenti proseguono duramente a Severodonetsk, dove è stata bombardata una struttura industriale che ospita anche centinaia di civili: si teme uno scenario sul modello di Mariupol. Continua a tenere banco anche la questione del grano, con nuovi appelli a evitare una crisi alimentare mondiale. Uno di essi è stato lanciato a Parigi dal premier italiano Mario Draghi.
Emerge ancora di più in queste ore il ruolo fondamentale dell’Europa nella crisi intesa in senso largo. Alcuni passaggi su diversi fronti segnalano le sfide aperte. A tentare di fare decollare il negoziato tra i belligeranti è la Turchia di Erdogan, che alle porte dell’Unione ha bussato a lungo e ora sta in uno strano limbo caratterizzato da odio-amore con Bruxelles. D’altra parte, è proprio l’attivismo di Ankara a evidenziare la difficoltà della Ue a prendere una forte iniziativa diplomatica in prima persona. Ma l’Europa politica ed economica resta il polo di attrazione più forte, come dimostra la ferma volontà di adesione dell’Ucraina, scelta più che comprensibile, e di altri Paesi che a Est non si sentono sicuri da soli, come la Georgia e la Moldavia.
L’Unione europea è il faro dei diritti e della prosperità. E adesso anche della transizione verde. La conferma da parte del Parlamento di Strasburgo (anche se parziale e ancora in divenire) del piano elaborato dalla Commissione l’anno scorso mette la Ue all’avanguardia nel mondo. Il bando ai motori endotermici entro il 2035 è un obiettivo ambiziosissimo, che alla fine potrà essere forse un po’ diluito, ma che segna il passo per il mondo intero. Nemmeno la guerra scatenata dalla Russia, con tutte le sue implicazioni energetiche, ha fermato l’avvio del percorso.
Non sarà un cammino facile, e avrà tappe decisive sul piano geostrategico complessivo. L’Europa si impegna a sganciarsi dalle forniture di gas e petrolio di Mosca in tempi ragionevolmente brevi e contemporaneamente dovrà rivolgersi, almeno provvisoriamente, ad altri Paesi. La selezione dovrà essere ben ponderata sotto tutti i punti di vista. Il passaggio all’auto elettrica comporta attualmente una forte dipendenza dalla Cina e dal resto dell’Asia per le batterie. È necessario evitare di essere troppo legati da componenti in arrivo da oltre i confini europei. Quello che stiamo pagando nel conflitto ucraino non potrà essere ripetuto, anche se una certa interdipendenza in una economia globalizzata, quale ancora siamo, è certamente inevitabile.
L’Europa si appresta anche a vivere passaggi elettorali rilevanti. Il primo sarà domenica in Francia, dove l’appena rieletto presidente Macron cerca di ottenere una maggioranza anche in Parlamento. Non sarà un’impresa facile. I sondaggi indicano l’ascesa di forze che sono più tiepide rispetto alla linea dura anti-Cremlino (sebbene il capo dell’Eliseo sia stato criticato dall’Ucraina per l’idea di non umiliare Vladimir Putin). Se l’Assemblea nazionale diventerà meno pronta a seguire il presidente nel guidare il fronte europeo a sostegno di Kiev, sarà un successo anche per Mosca, che ha come obiettivo quello di spaccare, o comunque indebolire, la coalizione che finora ha impedito la capitolazione sul campo dell’esercito di Zelensky.
Dunque, l’Europa ha visto con la guerra scoppiata nel cuore del Continente come le sue certezze sulla pace alle proprie frontiere si siano sbriciolate improvvisamente, eppure ha saputo trovare al proprio interno la coesione e le risorse per gestire un flusso di profughi senza precedenti e di tamponare le difficoltà economiche, adottando nello stesso tempo robuste sanzioni contro il Cremlino e finanziando la resistenza ucraina.
Ciò non significa che tutto vada per il meglio. Il processo di riforme istituzionali che dovrebbe partire a seguito della Conferenza sul futuro dell’Unione sarà il momento chiave per dotare la Ue di una rinnovata dinamicità politica. Quella che serve per aprirsi a nuovi membri, costruire una forza armata comunitaria e realizzare una politica estera condivisa e senza tentennamenti. In definitiva, per diventare quella superpotenza che, in sinergia con la Nato, potrà indurre anche la Russia a fermare il proprio espansionismo, creando una convivenza nel continente che non sia umiliante per nessuno, in primo luogo per l’Ucraina e gli altri attori “fragili”.