Guerra, fuga e pregiudizio
sabato 1 ottobre 2022

A volte capita che i discriminatori diventino discriminati. Sta succedendo ai cittadini russi che cercano scampo nelle repubbliche ex-sovietiche dell’Asia Centrale, i 'quattro-stan': Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan. Paesi che gravitano nell’orbita politica ed economica russa, tuttora amici, pur con qualche distinguo, e poco esigenti sotto il profilo dei documenti nei confronti dei cittadini russi che vogliono accedere al loro territorio.

La 'mobilitazione parziale' di 300mila riservisti disposta da Vladimir Putin sta provocando la fuga di parecchie migliaia di persone, giovani uomini soprattutto, che temono la cartolina precetto e l’invio sul fronte ucraino. Con i 'quattro-stan' le frontiere sono rimaste aperte e i collegamenti attivi.

Il costo della vita è inferiore a quello russo e a maggior ragione a quello dei Paesi occidentali, e la lingua russa è ampiamente utilizzata. Per di più verso Occidente gli ingressi sono stati vietati o limitati. I collegamenti aerei, com’è noto, sono stati sospesi. I Paesi confinanti, come l’Estonia, considerano 'turisti' russi alla stregua di una minaccia per la propria sicurezza nazionale. La Finlandia ha annunciato di voler chiudere il confine, dopo che nello scorso fine settimana 17mila cittadini russi l’hanno attraversato.

Dunque, i renitenti alla leva si dirigono verso Sud-Est. Per ora riescono a entrare, ma l’accoglienza si sta facendo sempre più fredda, come il clima della regione in questa stagione.

Ma sorge un problema: i cittadini kirghizi, kazaki, turkmeni o tagiki in Russia sono sempre stati discriminati, con il triste repertorio delle varie forme di derisione, inferiorizzazione, maltrattamento, che un po’ ovunque nel mondo toccano in sorte agli immigrati poveri. La Russia infatti era, e in buona parte rimane, un caso da manuale nella mappa delle migrazioni internazionali, giacché prende parte a tutte e tre le varianti dei movimenti migratori: è contemporaneamente un Paese d’ingresso (soprattutto dagli Stati vicini), di transito verso altre destinazioni, di fuoriuscita dei propri cittadini (circa 11 milioni di residenti all’estero, terzo Paese del mondo dopo India e Messico).

Per una sorta di nemesi politica e culturale, ora sono i russi a battere alla porta dei loro vicini e a domandare di essere accolti. Ma tocca questa volta a loro subire sarcasmo, sfruttamento e ingiustizie. I loro portafogli per il momento li aiutano a reggere, potendosi permettere di pagare affitti tre volte superiori ai prezzi correnti.

Ma questo squilibrio sta già generando altri e più concreti motivi di rancore da parte della popolazione locale, oltre al fatto che il vantaggio economico non durerà all’infinito, se gli espatriati non riusciranno a rientrare o a trovare nuove fonti di reddito. Tre riflessioni s’impongono. La posizione di privilegio, che facilmente conduce a guardare dall’alto in basso lo straniero etichettato come povero e inferiore, può dunque rovesciarsi. La pretesa superiorità può rivelarsi fragile. Averlo in mente dovrebbe contribuire a modificare anche il nostro sguardo e i nostri comportamenti verso chi arriva da lontano. In secondo luogo, la mala pianta della discriminazione allunga le sue radici attraverso i confini, contaminando anche chi l’ha lungamente subita.

Occorre una grande vigilanza per combatterla in tutte le sue manifestazioni. Sorge infine una spinosa questione politica, che tocca soprattutto i governi e le opinioni pubbliche dell’Unione Europea: è sempre giusto bloccare gli ingressi di cittadini russi, anche quando si tratta di obiettori contro la guerra, di renitenti alla leva, di persone in fuga da un potere dispotico e sanguinario? Non sono questi dei dissidenti di fatto, non con la voce ma con i piedi, magari silenziosi ma non di meno avversi ai disegni imperialisti di Putin? Possono essere considerati in blocco come nemici o potenziali infiltrati? Non meritano la nostra accoglienza e un’adeguata protezione? E una vigile e attiva solidarietà disarmata non può essere un’arma potente contro questa terribile guerra?

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