San Giuseppe e la sfida davanti a noi
giovedì 19 marzo 2020

È difficile immaginare oggi cosa sarà, come potremo migliorare questo Paese mentre la tempesta infuria e fa vittime. Ma per fare le cose occorre tempo. E allora è bene usare bene anche questi giorni di quarantena, di Quaresima, per mettere a fuoco alcune linee da tradurre presto in progetto.

Cosa ci insegna questa emergenza? Anzitutto che non dobbiamo metterla tra parentesi, che non possiamo tornare 'come prima' senza averne compreso la portata: non è un fatto solo sanitario. Non basterà, domani, tornare ad una 'nuova' normalità seppur con mascherina o Amuchina. La salute, l’economia, l’ambiente, la finanza, il ruolo dello Stato, i comportamenti delle famiglie, il lavoro e l’impresa, la scienza e la tecnologia disponibile: come ripete papa Francesco, tutto è connesso, tutto è collegato. Un fatto che si manifesta in uno di questi ambiti genera – come vediamo in questi giorni – riflessi in tutti gli altri. E così un cambio di paradigma, di pensiero, in uno di questi ambiti non può che generare nuove regole e nuove condotte in tutti gli altri. Ma in quale direzione?

La prima direzione è istintiva, perché scatta quell’istinto conservativo che si manifesta nelle grandi paure. Non dobbiamo sottovalutarlo. L’istinto di sopravvivenza indica con immediatezza dove cercare rifugio, a chi chiedere protezione. In questo caso non v’è alcun dubbio: lo Stato si è rivelato il riferimento assoluto. È un fatto che non terminerà con questa emergenza.

Lo Stato dovrà riscoprire una nuova centralità in economia – la Francia implicitamente lo dichiara già –, nella sanità, nell’istruzione, nella tutela dell’ambiente, nel sostegno alle povertà e alle fragilità.

Peraltro il Governo ha agito tempestivamente nel cercare di dare risposte ai lavoratori, alle famiglie e alle imprese. Peraltro tutti questi soggetti si stanno muovendo con ordine, con senso di responsabilità e di appartenenza alla stessa condizione: si sta creando un senso di 'pubblico' che va oltre lo Stato: è la vera idea di Repubblica. È una Repubblica intera che si sta muovendo: le Regioni, i Comuni, le imprese, i corpi intermedi, il volontariato: tutti proteggono il welfare. Il virus, d’altra parte, è democratico: colpisce indipendentemente dall’Isee o dalla posizione professionale.

Tutto questo ci fa dire che se c’è uno Stato competente e capace di porsi a protezione e sostegno dei soggetti sociali, i soggetti sociali possono essere protagonisti di una Repubblica più giusta, capace di rendere più forte il welfare e più aperto lo sviluppo. Welfare e sviluppo divengono beni pubblici, beni comuni, beni di libertà. La seconda direzione richiede invece più riflessione e scelte più lunghe e più difficili. È come una ricostruzione: dobbiamo definire le misure per ricostruire il tessuto economico e sociale d’Italia, re-immaginando di gettare le basi per una società più giusta, anche perché è prevedibile che l’emergenza amplifichi le iniquità legate alle opportunità geografiche, di reddito, di copertura dei servizi socio-sanitari.

Allora, ecco il ruolo del fisco, così decisivo per mettere in sicurezza i livelli di reddito delle famiglie, per ridisegnare l’organizzazione del lavoro, per ripensare le relazioni industriali, per inaugurare politiche ambientali degne di questo nome, per iniziare a discutere di una diversa normazione delle regole europee e per rivedere le relazioni internazionali delle organizzazioni sovranazionali. Il fisco è una leva straordinaria per incentivare o disincentivare alcune condotte, che dovranno essere ispirate – non c’è alcun dubbio che questa sia la direzione – al cosiddetto Green Deal.

I circa mille miliardi di euro stanziati dalla Commissione europea per il Green Deal rappresentano una straordinaria opportunità per dare una direzione chiara alla transizione. Il Manifesto di Assisi, per una economia a misura d’uomo, oggi ci appare come una declinazione italiana realistica, vera, auspicabile. Assieme al Manifesto di Assisi avranno un ruolo decisivo The Economy of Francesco e la Settimane Sociale dei cattolici italiani di Taranto. Una considerazione finale.

Oggi ricordiamo San Giuseppe. Nella nostra storia lo abbiamo sempre richiamato per proteggere il lavoro e i lavoratori: ne sentiamo più che mai il bisogno! Ma oggi lo ricordiamo soprattutto come sposo e padre putativo, come colui che genera, che accompagna la crescita. Abbiamo bisogno, con grazia e fiducia, di accompagnare le intuizioni che abbiamo a proposito di un altro e nuovo sviluppo. Fino a poche settimane fa ci sembrava una possibilità. Ora ci appare più come un dovere

Presidente nazionale Acli


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