mercoledì 20 febbraio 2013
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Caro direttore, con la sponda dell’Associazione culturale "Benigno Zaccagnini" di Cesena, qualche domenica fa un gruppo di cattolici iscritti al Pd si è dato appuntamento per parlare del loro disagio all’interno del partito. Una situazione che riguarda sicuramente altre città e anche l’altra sponda (di centrodestra) del panorama politico italiano. Senza dover ricordare loro che avrebbero dovuto saperlo, mi pare un segnale abbastanza importante. Significa che qualcosa si sta risvegliando nel mondo cattolico e in quello del cattolicesimo politico e che se questo risveglio fosse bene incanalato potrebbe incidere anche sul momento politico che stiamo vivendo. Ci vuole però un po’ di coraggio. Secondo me questo disagio andrebbe organizzato cercando il collegamento con altre situazioni del genere, per capire se si riesce a pesare là dove si è o per decidersi a guardare a un altro schieramento che in questo caso non potrebbe essere che quello centrale. Tra l’altro potrebbe anche essere l’occasione per far tornare alle urne chi le diserta da tempo. Io fra questi. Che ne pensa?
Vittorio Savoia, Cesena
A ormai pochi giorni dal voto e a liste belle (si fa per dire) e confezionate in base alla pessima legge vigente, che le vuole "bloccate" secondo la volontà dei compilatori, caro signor Savoia, penso che tutti i segnali siano importanti, ma nessuno come quello che verrà inviato dai cittadini che effettivamente voteranno. Voteranno anche per speranza, e ci mancherebbe che non se ne manifestasse almeno un po’... Ma soprattutto, è inutile nasconderselo, voteranno con scontento, persino con tracce di risentimento per ciò che abbiamo visto e subìto in questi ultimi anni. Voteranno con un disagio "plurale", motivato e da tempo palpabile. Un disagio, non lo scopriamo certo adesso, che riguarda in modo speciale cattolici impegnati nelle diverse "case" politiche attuali (o anche solo orientati verso di esse), e che lei evoca in modo stringato ma efficace. Se, poi, quel disagio diventasse nell’urna motivo immediato di chiarimenti e di opzioni forti – cioè di un voto che ribalta lo schema del vecchio bipolarismo, ma non rinuncia alla proposta e non si consegna alla pura polemica – sarebbe un fatto oggettivamente rilevante. Lei si chiede se lo «schieramento centrale» possa divenire un catalizzatore elettorale positivo anche per chi era orientato al non-voto, inviando un segnale utile sulla via della riorganizzazione (dall’alto e dal basso) del nostro malconcio panorama politico. Io mi auguro da tempo che questa riorganizzazione avvenga in direzione di un bipolarismo responsabile, finalmente limpido e sensato. Ma francamente, facendo un bilancio sommario di questa campagna elettorale dei vecchi schieramenti prevalenti e delle nuove proposte "centriste" (Monti) o antisistema (Grillo), non mi pare che sia stato fatto abbastanza per convincere tutti quelli che avrebbero potuto essere convinti a un simile investimento di fiducia. Ecco perché penso che, per rifondare la nostra politica, ci sarà da guardare anche fuori dal Parlamento che stiamo per eleggere. Spero tuttavia che non si finisca per votare o non votare solo per inerzia o per puro disgusto. E per questo, caro signor Savoia, le auguro ciò che continuo ad augurare a me stesso e a tutti i lettori: trovare motivi e persone per scegliere «più che si può e meglio che si può» nelle urne del 24 e 25 febbraio. E, guardando avanti, per incalzare con pacata fermezza chi ci rappresenterà ad avere il coraggio e l’onestà di strappare definitivamente l’Italia dalla china del declino umano, morale ed economico cui l’hanno condannata miopie, facilonerie e ideologismi.
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