Creativi io, maturi nel noi
giovedì 22 giugno 2023

È un combattimento interiore ed eterno dal quale nessuno può tirarsi fuori. Talvolta aspro, altre volte sano, persino dolce. Il desiderio incontenibile di far esplodere ogni grammo del proprio talento, costi quel che costi. E la consapevolezza irriducibile che in cima alla vetta puoi sentirti terribilmente solo, se solitario è stato il cammino. Fare i conti solo con sé stessi, misurare la propria vita sulla distanza dagli obiettivi e dalle ambizioni individuali stampate sulla corazza in un giorno di rabbia o di sogno. E fare i conti con gli altri, con tempi e spazi e affetti da (con)dividere, con progetti da costruire con mille mani e mille teste, e perciò lenti, persino frustranti, perennemente a rischio di fallire.

Sebbene in quella che romanticamente chiamiamo ancora “Maturità” non sia possibile mescolare due testi, le tracce di ieri consentono di intrecciare idealmente l’universo di senso della “nuova luna” enfatizzata e cantata da Quasimodo, con la cornice della “Nazione” cui quasi ci obbliga moralmente Chabod. Messi insieme, sono due testi che esprimono con precisione millimetrica molte delle fratture interiori, sociali, relazionali, culturali, politiche ed economiche che viviamo in questi tempi.

Da un lato la fiducia senza riserve nell’«intelligenza laica» dell’uomo, capace «senza timore», in una «notte d’ottobre», di piantare nel cielo «luminari uguali» a quelli fissati da Dio nei giorni della Creazione. Con una differenza che pone addirittura l’uomo davanti al Creatore: se il Padre di ogni creatura il settimo giorno si riposò, il novello Prometeo, dominatore e conquistatore dello spazio, visibilmente ammirato da Quasimodo, avanza nelle scienze e nella tecnologia «senza mai riposare».

Un destino di progresso infinito e instancabile che supera persino il dono dell’esser fatti «a immagine e somiglianza». « Amen», conclude il poeta la sua preghiera laica, non interrogandosi però su quale filo rosso abbia retto la storia dell’umanità in quei «miliardi di anni» trascorsi dal giorno della Creazione all’omaggiato lancio dello Sputnik.

Dall’altro lato il rigore storico di Chabod, che indica ai maturandi del 2023 una strada che – ahiloro, ahinoi – non ha scorciatoie. La Nazione cavouriana come impeto di libertà individuale che si fa libertà politica, poi indipendenza sofferta e rossa di sangue, infine unità costruita e ricostruita ogni giorno. La Nazione-Patria mazziniana come «mezzo altissimo, nobilissimo, necessario, ma mezzo, per il compimento del fine supremo: l’Umanità». Umanità che in quel momento si traduceva – e in bella parte ancora si traduce – in quell’Europa che «sta per sorgere». Fuori da un vincolo comune, dunque, un vuoto di senso. Fuori da una comunità che tende alla famiglia umana, l’abisso dell’individualismo e una libertà lucentissima e che però non genera.

Ma se in questa fase della storia è la generazione adulta che determina le grandi decisioni globali a non sapersi muovere tra Quasimodo e Chabod, proprio dai giovani arrivano costanti segnali di una nuova sintesi possibile. Laicissime giovani intelligenze fissano nuove luci nel buio di un’epoca bellica, ma le muovono in orizzontale, verso altre luci di altre laicissime giovani intelligenze. Un’esplosione di talento che si realizza e compie davvero nella solidarietà, nella transizione ecologica, nella ricerca, in nuove forme culturali, in un’economia sostenibile. Legittimi “io” che riescono a sentirsi gratificati nel “noi” della comunità. E con quella libertà mentale di tenere sempre i confini ben aperti, per non trasformare mai la comunità in settarismo, la Nazione in nazionalismo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI