A quei ragazzi che sono stati
sabato 8 luglio 2023

Milano, 7 luglio, l’una di notte in una casa di riposo. Le notti in queste stanze sembrano più lunghe, percorse da flebili rumori. Il respiro pesante dei ricoverati che dormono, il tintinnare dell’ossigeno che aiuta il fiato di alcuni. La porta di un bagno, l’acqua da un rubinetto, lo scatto della lancetta di un orologio a muro. Il tempo scorre piano qui, come un gran fiume alla foce.

Da fuori il rombo di una moto, un’auto che passa con la musica al massimo volume, il clangore dei camion che ingoiano i rifiuti della città. Così doveva essere anche la notte della casa di Via dei Cinquecento, periferia di Milano: 167 ospiti che forse sognavano. Nei sogni si può essere giovani ancora, o bambini. Forse è un giardino buono il sonno, nell’età più tarda?

Ma, di colpo, il fuoco. Un incendio divampa furioso in una stanza. Gli ospiti non hanno nemmeno il tempo di uscirne. Un corto circuito? Una sigaretta? Qualcosa di estremamente infiammabile in un istante ha esploso i vetri delle finestre, svegliando il quartiere intero. Urla, nomi gridati senza risposta, le prime sirene dei Vigili del Fuoco che piombavano lì da tutta Milano. Ma il fumo, un fumo nero andava invadendo le stanze, gli ospiti affacciati alle finestre per non soffocare. In pochi minuti sgomberare decine di anziani, spesso non autosufficienti: i testimoni dicono di soccorsi rapidissimi, e le colonne di mezzi dei pompieri in quella periferia raccontano una Milano accorsa in massa, a salvare i suoi vecchi. La morte venuta come un ladro, in quel limbo di quiete. Sei vittime, tra i 70 e gli 87 anni, ottanta feriti, di cui due molto gravi. La notizia apre i siti web al mattino, poi in poche ore scende sotto ai nuovi palinsesti Rai, sotto allo scandalo del figlio del presidente del Senato denunciato per un presunto stupro. Normale: sei morti e ottanta feriti, ma si tratta di anziani. Chi legge se ne dispiace, prova pena: tuttavia, è il retropensiero silenzioso in molti, erano uomini e donne vicini alla fine.

Sì, insomma, diciamolo: vecchi. Per tanti giovani, spesso persone sì, ma non più esattamente come loro; per i bambini poi inimmaginabile, che quei signori canuti e curvi siano stati piccoli, un tempo. Per cui della sciagura in una casa di riposo vorrei soffermarmi su questo particolare, ovvio, eppure spesso dimenticato. Vorrei pensare non a quei vecchi ma ai bambini e ai ragazzi che sono stati. Classe 1936 la più avanti con l’età, aveva nove anni alla fine della guerra: ne ricordava, se era di Milano, le bombe, gli aerei rombanti nel cielo? Altri, di poco più giovani, venuti al mondo proprio durante il conflitto: erano fra loro quei neonati tra le braccia delle madri nelle corse giù per le scale, nelle grida, verso i rifugi sotterranei? Loro i ragazzini che poi giocavano a pallone fra le macerie, e nei campi di periferia che presto sarebbero scomparsi?

I ragazzini degli anni ’50, nella città che rinasceva, in pace. Qualcuno infine, di quanti l’altra notte sono stati presi, aveva solo vent’anni, nel ‘68. Era magari fra quei ragazzi grandi che vedevo sfilare, battaglieri, il pugno alzato, per Milano, sotto alle bandiere rosse? Bambina, io li credevo carbonari, giacobini, rivoluzionari che avrebbero cambiato il mondo: ed erano così fieri, che ero certa che sarebbero stati giovani per sempre.

‘36, ‘39, anni ’40, e qualcuno dei primi ’50. Guardatele le date di nascita degli uomini e delle donne che l’altra notte un rogo ha ucciso in una casa di riposo, strappandoli ai loro sogni. Erano gli ultimi Figli della Lupa, oppure, anni dopo, erano saliti al Nord sui lenti treni degli immigrati, con solo il vestito che avevano addosso, e un sacco di fratelli accanto. Erano forse operai della Breda, orgogliosi proletari in corteo; erano le adolescenti che si facevano i capelli come la giovane Mina, e si truccavano gli occhi come lei. (Se le penso, le immagino ballare nella colonna sonora del primo ruggente Celentano).

Erano, sapete, quei sei, ragazzi, un giorno, erano ragazze in fiore. L’altra notte, dalle finestre di fronte, i vicini hanno visto solo dei vecchi con i capelli bianchi, deboli, sgomenti nel fumo. Vorrei pensare a quanti sono morti, invece, giovani come sono stati, come lo erano forse nei sogni da cui il fuoco li ha strappati. Come lo sono adesso, io credo, di nuovo: in Cristo, liberi finalmente dal giogo del tempo, e del dolore.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: