mercoledì 25 gennaio 2023
L’improvvisa svolta estremista del Parlamento di Giacarta mette a rischio le minoranze e chi dissente dal potere
La recente riforma restrittiva del Codice penale, ritenuto ancora troppo legato al colonialismo, può compromettere libertà di religione, pensiero e scelte di vita. Col fanatismo islamico sullo sfondo. Nella foto la polizia indonesiana presidia un carcere per prevenire manifestazioni di dissenso contro le riforme

La recente riforma restrittiva del Codice penale, ritenuto ancora troppo legato al colonialismo, può compromettere libertà di religione, pensiero e scelte di vita. Col fanatismo islamico sullo sfondo. Nella foto la polizia indonesiana presidia un carcere per prevenire manifestazioni di dissenso contro le riforme - Ansa

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Con l’approvazione il 5 novembre 2022 da parte della Camera dei rappresentati del Parlamento di Giakarta delle modifiche al Codice penale, l’immensa Indonesia è sembrata virare bruscamente e inaspettatamente verso una svolta estremista in senso religioso, repressiva sul piano dei diritti e della democrazia. Mostrando al mondo contraddizioni e un volto meno tollerante di quanto finora promosso e creduto. Questo vale soprattutto in tre campi: il diritto alla libertà di religione e di credo, la libertà di parola e di espressione, il diritto all’autonomia in campo sessuale, visti come uno sconcertante passo indietro per il Paese, il più esteso, popoloso e maggiore per Pil del Sud-Est asiatico.

Ci vorranno tre anni di elaborazione dei regolamenti prima che entrino pienamente in vigore i nuovi articoli, che sembrano addirittura in contrasto con l’ideologia di Stato, Pancasila (i «Cinque princìpi»), laicista, indirizzata alla coesione nazionale, aperta al progresso, contraria a ingiustizie e discriminazioni. Anziché rafforzarne i princìpi, il testo approvato contiene articoli che sembrano contraddire lo spirito del movimento “Reformasi” (Riforma), che nel decennio successivo alla caduta del presidente Suharto nel 1998 e la fine del “Nuovo ordine” da lui promosso con piglio autoritario, ha portato a sviluppo democratico e decentralizzazione. Il nuovo Codice stabilisce la criminalizzazione delle «ideologie contrarie alla Pancasila» e cita espressamente – in un Paese che tra il 1964 e il 1965 ha contato centinaia di migliaia di morti nei pogrom ordinati dall’allora presidente Sukarno contro veri o presunti comunisti – la necessità di punire «la diffusione dell’ideologia marxista-leninista».


Sui media di tutto il mondo ha ottenuto larga eco la stretta sulla condotta sessuale dei cittadini, con le pene introdotte per conviventi non sposati e omosessuali. Ma le nuove norme restringono i margini anche per altre fedi e idee non allineate a quelle ufficiali

Previste pure pene fino a tre anni per chi lede la dignità del presidente o del suo vice, mentre rischia fino a 18 mesi di carcere chi insulta il governo, 36 se l’azione dovesse incentivare pubbliche manifestazioni di protesta. Punita con la reclusione fino a sei anni sarà anche la diffusione di fake news. Tra coloro che hanno dichiarato apertamente la propria opposizione al testo chiedendone una revisione c’è anche Eva Sundari, che della Camera dei rappresentanti è membro tra le fila del maggioritario Partito democratico indonesiano per la lotta, del presidente Joko Widodo. «Mentre comprendiamo la necessità per l’Indonesia di rivedere il Codice penale, che risaliva all’epoca coloniale – ha detto Sundari –, preoccupa che un certo numero di articoli possano essere utilizzati per reprimere i diritti civili come al tempo della dominazione straniera. Abbiamo fatto enormi passi avanti verso la democrazia dalla fine della dittatura di Suharto, e il nuovo Codice rischia di farci regredire. Il governo e la Camera affermano di avere lasciato spazio ai suggerimenti della società civile ma è evidente che sia stato solo un modo per salvare le apparenze, dato che hanno perlopiù ignorato le obiezioni di studiosi, esperti e promotori dei diritti umani».

C’è poi la parte che riguarda i «crimini contro la religione, la vita e i credo religiosi », che in molti indonesiani suscita allarme perché richiama le “leggi antiblasfemia” che altrove il mondo conosce per gli aspetti deteriori nell’applicazione. Ora, trattandosi di uno dei Paesi più popolosi dell’Asia, quello con la più consistente comunità musulmana e dove istanze estremiste, reazionarie e repressive sono state drammaticamente presenti sin dall’indipendenza, suscitano forti perplessità la sottolineatura della diversità anziché perseguire una società senza distinzioni.

D’altra parte, l’inclusione di un articolo che proibisce di oltraggiare pubblicamente gli altri leader religiosi apre a un uso contro le minoranze religiose. Nell’ultimo decennio anche nella tollerante Indonesia l’uso della legge che tutela onore e carattere delle religioni riconosciute è cresciuto a dismisura. Non a caso nel 2021 la Commissione statunitense per la Libertà religiosa ha posto l’Indonesia tra i 10 Paesi che con maggiore frequenza applicano leggi simili: Arabia Saudita, Bangladesh, Egitto, Kuwait, India, Iran, Pakistan, Russia, Yemen. « Le leggi antiblasfemia perpetuano soltanto intolleranza e conflitti tra le diverse fedi o al loro interno – sottolinea ancora Eva Sundari –, e ciò è particolarmente pericoloso in una realtà dalla grande diversità come la nostra, dove la coesistenza pacifica tra religioni e gruppi etnici diversi dovrebbe essere incoraggiata». L’identità stessa dello Stato indonesiano sembra essere rimessa in gioco ed è difficile valutarne le ragioni se non in un’ottica di apparente cedimento della politica progressista che ha nell’attuale presidente Joko Widodo il capofila di una concessione alle istanze nazionaliste che chiedevano di cancellare l’impronta coloniale (leggi: occidentale) del Codice e che sommano appartenenza territoriale, culturale e religione, con un allineamento a posizioni tradizionaliste sul piano del potere e della morale.

Immediatamente dopo il varo della riforma, l’attenzione all’estero si è concentrata sulla criminalizzazione dei rapporti omosessuali, dell’adulterio e della convivenza more uxorio. Reati per cui sono previste pene rispettivamente fino a un anno e fino a sei mesi di carcere. La pubblica fustigazione il 5 novembre di due omosessuali e di due colpevoli di adulterio nella provincia di Aceh, l’unica dove è ammessa la sharia, come pure la condanna il 30 novembre a sette mesi di carcere di due soldati accusati di intrattenere rapporti omosessuali, sono sembrate prefigurare un futuro repressivo anche per la comunità gay.

Quello che Amnesty ha definito «un colpo significativo per i diritti umani» potrebbe rivelarsi un boomerang. Davanti al rischio di un crollo del turismo (sono stati 678mila i turisti stranieri a ottobre, in crescita esponenziale rispetto allo scorso anno e con ampie prospettive di sviluppo nel 2023), le autorità si sono affrettate a negare che la proibizione della convivenza di persone di sesso diverso, come pure la repressione dell’omosessualità, possano applicarsi ai non indonesiani. Il riferimento era in particolare alla prima misura, ricordando che a denunciare l’adulterio possono essere soltanto il coniuge o i congiunti dei presunti colpevoli. Non è però solo il turismo a chiedere chiarezza. Il Paese sta puntando molto del proprio sviluppo su rapporti distesi con la comunità internazionale che non può non guardare con preoccupazione a evoluzioni integraliste o repressive nell’immenso arcipelago davanti alle cui coste passa la maggiore linea di comunicazione commerciale del pianeta e che per consistenza demografica, densità di risorse e posizione geografica ha tutte le possibilità per giocare un ruolo globale determinante.

La coincidenza dell’approvazione del nuovo Codice penale con la scarcerazione su cauzione il 7 dicembre di Umar Patek, uno degli esecutori degli attentati che il 26 dicembre 2022 provocarono a Bali 202 vittime – in maggioranza turisti stranieri – è sembrata confermare un cedimento delle istituzioni verso gli islamisti e le loro affiliazioni politiche. Forse si è trattato anche di un mezzo per contenerne le pretese in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 2024, evitando iniziative di piazza e tensioni come quelle che nel 2017, condotte dal Fronte dei difensori dell’islam, portarono all’accusa di blasfemia, alla condanna e al ritiro dalla scena politica del governatore di Giakarta, il cristiano Basuki Tjahaja Purnama (Ahok), stretto collaboratore del presidente Widodo.


L’inasprimento delle condanne riguarda anche chi si ritiene possa aver leso la dignità del presidente come pure gli organizzatori di manifestazioni di protesta e persone considerate responsabili di aver diffuso fake news

Senonché, secondo un messaggio lasciato dall’attentatore che due giorni dopo l’approvazione del Codice si è fatto saltare per aria a Bandung contro una stazione della polizia provocando un morto e dieci feriti, il gesto sarebbe stato sollecitato dalla messa fuorilegge di ogni ideologia contraria alla Pancasila e alla sua accoglienza di ogni religione purché pacifica. Insomma, l’aggiornamento del Codice penale sembra avere scontentato molte parti, ciascuna con la percezione di essere finita nel mirino della legge. Il cammino verso la sua applicazione potrebbe però riservare sorprese, e sarà importante per il governo indonesiano valutare la reazione internazionale.

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