Che cosa fa la democrazia
venerdì 7 maggio 2021

Il mondo continua a soffrire e a cambiare, ma qualcosa di nuovo anzi di antico sta accadendo. E si deve annotarlo con speranza e persino con allegria. L’America è tornata. E non è «prima» per ciò che non fa più per sé e per gli altri, ma per ciò che di giusto e di buono ha ripreso a fare non solo per se stessa. Per questo deve dire grazie, e noi con lei, a Joe Biden.

Il nuovo vecchio presidente che dopo aver sconfitto nelle urne la tracotanza prepotente e autoreferenziale di Donald Trump, ne ha lucidamente capovolto il paradigma: gli Usa si candidano a tornare alla guida perché offrono l’immagine di un Paese e di una Casa Bianca che non puntano più a soltanto curare i propri interessi e a risolvere i propri guai a spese del mondo, ma perché mentre risolvono i problemi della propria gente indicano una strada comune per risolvere i problemi del mondo.

Certo, nessuno è così ingenuo da pensare che non ci sia pure del calcolo nelle mosse di Biden e nessuno può immaginare che gli States siano semplicemente benefattori dei popoli e del pianeta e non anche una superpotenza che – trent’anni dopo la fine dell’Urss – ha ben chiaro di non essere più l’unica. Ma evviva il calcolo, se le decisioni e gli obiettivi sono questi che l’America ora annuncia a tutti, e col suo 'peso' rende per tutti realizzabili. Due grandi passi, attesi e invocati dalle più alte autorità morali della

Terra, a cominciare da papa Francesco che – come si sa – non fa proposte tecnicopolitiche, ma offre il metodo cristiano della fraternità e richiama ai diritti e doveri conseguenti.

Il primo passo è la sospensione dei brevetti sui vaccini anti-Covid per consentire l’immunizzazione di tutti gli esseri umani anche nei Paesi più poveri. Una scelta rivoluzionaria, sebbene ampiamente prevista dai Trattati che regolano i rapporti commerciali. Troppe norme buone e 'sconvenienti' vengono rese lettera morta.

Stavolta no, a quanto pare, e la rivoluzione è grossa davvero. L’altro passo, cronologicamente precedente e logicamente propedeutico al primo, è la determinazione di fissare un livello minimo di tassazione (per ora al 21%, e qualcuno si azzardi a definirlo eccessivo e vessatorio!) sulle società multinazionali, tutte, a partire da quelle capaci di incamerare profitti monumentali e di auto-confezionarsi – sfruttando debolezze, miopie e complicità degli Stati – vergognose tasse piatte. È l’uovo di Colombo, che per il solo fatto di essere messo sul tavolo comincia a rompere le uova nel paniere dei soliti noti latitanti al puro e semplice dovere di una decente lealtà e solidarietà fiscale.

Ciò che sta accadendo torna a dimostrarci qualcosa di altrettanto decisivo. Ci dice che la parola democrazia ha ancora senso. E ci dice che la pratica della democrazia (liberale, mai illiberale) è viva e, con le sue imperfezioni, resta lo strumento migliore per dare vita a una selezione della classe dirigente e a processi di decisione reali nei quali la partecipazione popolare non è solo un modo di dire o un rimpianto. Tant’è che la realtà ne è cambiata. È per questo che un grande Paese come gli Usa che, a causa dei suoi timonieri pro tempore, aveva rinunciato disastrosamente alla propria leadership morale può impegnarsi, con uomini e donne giusti ai posti giusti, a recuperarla. E può persino riuscirci nel volgere di poche settimane.

Nel marzo dell’anno scorso, proprio qui, scrissi dell’aspra abdicazione alla leadership morale globale da parte delle due grandi democrazie anglosassoni di fronte alla sfida della pandemia. Scelte egoiste e perdenti che quasi in tutto (a Washington) o in almeno in parte (a Londra) sono state poi corrette e cambiate.

I Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa, che avevano cominciato male e poi fatto molto meglio, ora sembrano essersi ripersi. E certo hanno perso occasioni preziose per proporsi al mondo con idee-guida di giustizia e solidarietà. Recuperare si può, l’America insegna. E questo – checché dicano i cinici – è il cuore della politica. E del futuro.

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