venerdì 30 agosto 2013
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«Non ho ancora preso una decisione». Il pre­sidente Usa Barack Obama ha dichiarato che l’azione militare contro la Siria rimane in forse, ma che un eventuale attacco, «mirato e limitato», potrebbe avere «un positivo impatto sulla sicurezza Usa a lungo termine» respingendo ogni parallelo con l’Iraq. Nes­suno, infatti, «mette in dubbio che in Siria siano state uti­lizzate armi chimiche su larga scala» e Washington avrebbe «concluso che sia stato il governo» di Damasco a porta­re a termine l’atroce atto lo scorso 21 agosto. Ecco perché, sebbene gli Stati Uniti «non siano interessati a un con­flitto aperto», né «a entrare nella guer­ra civile siriana», «è necessario che ci siano conseguenze internazionali» per tali atti.
L’opera del­la diplomazia non è ancora esaurita e, dopo il nulla di fatto dell’incontro dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu di mercoledì, una nuova riunione era in programma per la serata di ieri. Di fatto, l’atteso rapporto annunciato per ieri del direttore dell’Intelligence nazionale sulle armi chimiche siriane, re­sta avvolto nel mistero. Prima alcune fonti hanno afferma­to che sarebbe stato presentato «entro la settimana» non contenendo però prove «schiaccianti» della responsabilità del regime di Assad, riportando alla ribalta lo spettro della “smoking gun” sulle armi chimiche di Saddam Hussein e gli errori della guerra in Iraq. Poi altre fonti affermavano la pre­sentazione in «serata» ai deputati. L’opinione pubblica re­sta però fredda – solo il 25% degli americani è a favore di un intervento in Siria, contro oltre il 40% contrario – e in Con­gresso già 116 deputati – tra cui 18 democratici – sostengo­no la «incostituzionalità» di un intervento militare privo del via libera di Capitol Hill.
A tagliar corto è stato però il por­tavoce della Casa Bianca, Josh Earnst, ribadendo che Oba­ma «non ritiene di aver bisogno del­l’autorizzazione del Congresso» per da­re il via all’operazione e se sarà neces­sario esibirà le «basi legali». Dopo essere stato accusato di non aver coinvolto a sufficienza i legislatori sul­la questione siriana, Obama ha tenu­to ieri un incontro in videoconferenza con i vertici di Camera e Senato a cui hanno preso parte an­che il consigliere per la Sicurezza nazionale, Rice, il diretto­re dell’intelligenge nazionale, Clapper, il ministro alla Dife­sa, Hagel, e il Segretario di Stato John Kerry. Il capo della di­plomazia Usa – secondo il sito di intelligence israeliano, Debka , e informazioni di Washington e Mosca – starebbe trattando per portare a termine, con il benestare del Crem­lino, un intervento militare limitato contro la Siria; un «ge­sto simbolico» seguito poi dall’annuncio, da parte di Oba­ma e Putin, della conferenza di pace Ginevra 2.
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