mercoledì 18 novembre 2015
Viaggio nel sobborgo dove il 90% dei residenti è islamico: adesso temono «ritorsioni».
Il politologo Maïla: «Il califfo ora sta cercando una guerra senza quartiere»
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Di certo a Les Mureaux incontri più barbe lunghe e veli neri che a Parigi, e non potrebbe che essere così in un comune di 35mila abitanti – compresi i 5mila “sans papier” – dove quasi il 90 per cento è musulmano. L’enorme stabilimento della Peugeot è a Poissy, a due fermate di treno. A partire dagli anni ’50, sono giunti a frotte dall’Africa nera, come dal Maghreb, per dare manodopera al gigante dell’auto. L’immigrazione, più o meno regolare, è esperienza quotidiana da almeno 40 anni, certo molto prima di questa estate: negli ultimi tre mesi sono stati scolarizzati una settantina di minori. E nemmeno un mese fa, il 26 ottobre, il premier Manuel Valls è andato a Les Mureaux per un Consiglio dei ministri straordinario dedicato all’emergenza scolastica: in alcuni istituti gli stranieri sono la maggioranza, se non la totalità. Il premier, però, si è trovato quasi da solo con i suoi ministri, nell’indifferenza generalizzata. Una frontiera a mezz’ora di treno dalla capitale, una Santabarbara che potrebbe riesplodere. L’integrazione, nonostante la fila di edifici pubblici con insegne dei servizi sociale e di strutture sportive, resta una sfida. È qui che poco più di 10 anni fa scoppiarono violente proteste dopo che in un comune vicino due giovani stranieri, inseguiti dalla polizia, erano morti su un traliccio dell’alta tensione. Fu una stagione di “cassuer” domata a fatica e con continue possibili recrudescenze. «Adesso va un po’ meglio, non è più come in passato», ti dice il proprietario della pizzeria “Da Luigi” gestita da una famiglia marocchina che prima viveva a Padova. Un pizzico d’Italia in questa banlieue con una cinquantina di etnie presenti. Trecento metri prima, sulla vetrata di una piccola lavanderia a gettoni un manifestino propone l’Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca. Nel bar dello stesso isolato, qualche settimana fa, la polizia con una retata in grande stile ha arrestato un cameriere per traffico di armi: «Non sappiamo a chi li vendeva. Di certo qui c’è criminalità, non sappiamo se ci siano legami con il terrorismo», confida una signora sotto condizione di anonimato. Bocche cucite in Comune con il sindaco non reperibile e nessun assessore disponibile fuori orario. L’imbarazzo è evidente. Lo stesso premier Valls, il giorno dopo gli attentati, ha promesso di «espellere tutti gli imam radicalizzati» e di chiudere «le moschee in cui alcuni incitano all’odio». Il dialogo interreligioso, lo sforzo di accoglienza verso tutti è la vita di padre Xavier Cavane, il giovane parroco della chiesetta dedicata alla Madonna delle Nevi. Seduto alla piccola mensa del “Secours catholique” sta pranzando, con i suoi collaboratori, assieme ad alcuni senza fissa dimora, dei disoccupati, un disabile grave. «La nostra azione sociale ci fa rispettare da tutti. Da anni non ci sono più sfregi sulle mura della chiesa», risponde con un sorriso disarmante. Gli scambi di visite fra le comunità e collette comuni per opere di solidarietà a vantaggio delle famiglie più disagiate, sono una esperienza ormai consolidata per il suo “piccolo gregge”.Ma la presenza di salafiti a Les Mureaux non è un mistero: «Ai nostri bambini insegniamo cosa devono rispondere quando qualcuno per strada li ferma e chiede: “C’è qualche musulmano che va in paradiso?”. Oppure: “Come fa Dio a avere un figlio?”. Ci sono anche i salafiti, dunque, fra le tante sensibilità e nazionalità presenti, «ma il terrorismo viene diffuso attraverso Internet», conclude padre Xavier. A febbraio un rapporto d’intelligence aveva segnalato l’aumento delle sale di preghiera salafite, almeno 25 nell’Ile de France, interessando nella regione di Parigi 5mila musulmani, dieci volte tanto rispetto al 2005. Da venerdì sera, però, è tutto l’islam che si sente sotto accusa. «L’immagine, già intaccata dell’islam, ora è ancora toccata e degradata», dichiara a Le Parisien Mohammed Henniche, segretario dell’Unione delle associazioni musulmane di Seine-Saint-Denis e presidente della moschea di Pantin. È il sospetto che si legge negli sguardi, la paura palpabile di essere vittime di ritorsioni. Dal 13 novembre numerose moschee in Francia sono state sfregiate con scritte razziste. Per disinnescare questo odio e sostenere le loro comunità gli imam stanno preparando un comunicato da distribuire nelle moschee venerdì prossimo. I musulmani francesi la chiamano l’«amalgame», il rischio di essere tutti assimilati al terrorismo. Una donna velata in nero, con un bimbo nel passeggino, siede in diparte sulla banchina del treno mentre aspetta il treno per Parigi.
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