lunedì 11 marzo 2024
Le parole del Pontefice che invita al negoziato per la pace alimentano il dibattito internazionale. Dura la reazione del presidente ucraino Zelensky. Papa Francesco non ha parlato di resa
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - Ansa

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Mentre sul territorio si continua a combattere e morire, la possibile via negoziale alimenta il dibattito sul futuro del conflitto in Ucraina. Sabato scorso nell’anticipazione di un’intervista concessa alla Radio televisione svizzera (Rsi), il Papa aveva sottolineato come negoziare non significhi arrendersi. Parole male interpretate da alcuni che hanno visto nelle risposte del Pontefice una richiesta all’Ucraina di alzare bandiera bianca. E questo malgrado la precisazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni che ha spiegato come «Francesco abbia usato il termine bandiera bianca riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare con essa la cessazione delle ostilità, la tregua raggiunta con il coraggio del negoziato. Altrove nell’intervista, parlando di un’altra situazione di conflitto – aveva aggiunto Bruni -, ma riferendosi a ogni situazione di guerra, il Papa ha affermato chiaramente: “Il negoziato non è mai una resa”». Chiarimento insufficiente per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che nel suo discorso alla nazione di ieri sera ha detto che «se gli assassini e i torturatori russi non avanzano verso l'Europa è solo perché vengono fermati dagli ucraini con le armi in mano sotto la bandiera blu e gialla» nazionale. In Ucraina «c'erano molti muri bianchi di case e chiese che ora sono bruciati e distrutti dai proiettili russi – ha aggiunto Zelensky -. E questo dice in modo molto eloquente chi deve fermarsi affinché la guerra finisca». Da Zelensky anche un ringraziamento a «ogni cappellano ucraino che è nell'esercito. Sono in prima linea, sostenendo con la preghiera, il dialogo e le azioni. La Chiesa sta insieme alle persone, non a duemilacinquecento chilometri di distanza mediando virtualmente tra qualcuno che vuole vivere e quacuno che vuole distruggerti».
Aperto alla via negoziale invece il nunzio apostolico monsignor Visvaldas Kulbokas secondo cui «Il cuore del Papa è addolorato da tante vittime della guerra». È necessario «cercare le vie della pace». In questo senso, per prima cosa, ha detto il nunzio a Repubblica, la Russia «dovrebbe smettere di uccidere». Sulle parole del Papa anche l’intervento del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, lo storico Andrea Riccardi che parlando con Il Corriere della Sera ha sottolineato che «il Papa non ha parlato di resa ma del coraggio di negoziare, che è cosa ben diversa». Parole, ha aggiunto Riccardi, «che Francesco si porta dietro da tempo: sull'inutilità di questa guerra e sul fatto che il prezzo di questo conflitto, in termini di morti, profughi, distruzione, è pagato tutto dall'Ucraina. Perciò bisogna trattare. Perché ormai siamo davanti a un bivio: la sconfitta dell'Ucraina o il suo progressivo dissanguamento fino a una guerra ancora più grande». In questo senso la posizione di Francesco non è pro-Russia: «La sensibilità del Papa per l'Ucraina è grande, tante volte ha parlato di popolo martoriato. C'è stata una semplificazione polemica intorno al suo discorso, alimentata anche dal furore dello scontro, ma identificarlo come un discorso putinista proprio no».

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