sabato 16 marzo 2024
Le Nazioni Unite lanciano appelli sulla catastrofica crisi alimentare e sulla sanità devastata di un Paese con la più grande emergenza umanitaria africana e 4 milioni di sfollati
Una famiglia di sfollati a Murnei in Darfur diretta verso il campo profughi di Adré in Ciad

Una famiglia di sfollati a Murnei in Darfur diretta verso il campo profughi di Adré in Ciad - Reuters (Zohra Bensemra)

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Trecentotrentasei giorni dopo i primi colpi di artiglieria contro le case della periferia di Khartum, la guerra nel cuore del Sudan non si è ancora spenta. "La scorsa settimana ho guidato un gruppo di 12 persone dell'Unicef in missione a Omdurman, Khartoum. È stata la prima missione delle Nazioni Unite a tornare a Khartum, che è stata colpita quasi costantemente dallo scoppio della guerra nell'aprile del 2023. Il nostro obiettivo era capire il più possibile quali sono le condizioni dei bambini a 11 mesi esatti dall'inizio dei combattimenti e vedere in prima persona il lavoro che stiamo supportando con i partner locali per fornire aiuti e servizi salvavita, almeno nelle zone di Omdurman a cui siamo riusciti ad accedere". A raccontarlo è Jill Lawler, responsabile delle operazioni sul campo e delle emergenze per l'Unicef in Sudan.

Per capire la situazione che sta vivendo il Paese, non si può però partire senza riassumere questi undici mesi di guerra. E per farlo si può procedere per tappe e con semplici domande. Con risposte da dare che non lo sono altrettanto. Perché si combatte a Khartum? Perché il controllo della capitale è fondamentale nella gestione di un Paese che in una manciata di anni ha vissuto tre colpi di Stato, agli occhi dei tanti serviti per scalzare dal potere il dittatore sanguinario e ricercato dall'Onu per crimini contro l'umanità che risponde al nome di Omar el-Bashir.

Ma se si va a scavare si scopre che dietro i protagonisti ci sono interessi esterni, rivalità mai sopite all'jnterno di uno stesso sistema di potere che continua a reggersi sulla paura e la violenza, come ai tempi dei massacri etnici nel Darfur, dove uno dei due protagonisti dell'attuale conflitto è stato artefice del bagno di sangue. Si è cominciato a sparare nella notte tra il 14 e il 15 aprile dello scorso anno e non si è ancvora finito. Gli scontri sono cominciati nella capitale Khartum quando le Forze paramilitari del Supporto Rapido (Rsf) guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo (tra i protagonisti delle stragi in Darfur - detto Hemedti - hanno attaccato il quartier generale dell'esercito regolare capitanato dal generale Abdel Fattah al Burhan, numero uno di fatto del Paese (formalmente è il leader della transizione) dopo il colpo di Stato del 25 ottobre 2021 che ha rovesciato il governo di Abdalla Hamdok che, a siìua volta, era succedutop alla defenestrazione (di fatto vive tranquillamente in una ricca prigionia) del dittatore Omar el-Bashir l'11 aprile 2019.

E chi finanzia il conflitto? Può apparire paradossale, ma a parere di molti osservatori decine di milioni di euro dell'Ue versati al Sudan in cambio della "cooperazione" sui migranti avrebbero finanziato i paramilitari delle Rsf, le forze di intervento rapido guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo che da giorni si stanno scontrando con l'esercito regolare del Paese africano. Un paradosso che ha prodotto la più grande crisi dei rifugiati in Africa, con oltre 4 milioni di persone sfollate. Di queste, 2,5 milioni si sono rifugiate nei paesi vicini, principalmente Etiopia, Kenya, Sudan e Uganda.

E basta ascoltare le testimonianze raccolte dal Fondo della Nazioni Unite per l'ìinfanzia in Sudan per caèpire qual è il risultato di questa guerra. "All'ospedale di al-Nau - spiega l'Unicef -, l'unico ospedale di Khartum con un reparto di traumatologia funzionale e molto affollato, abbiamo incontrato due giovani che hanno subito recenti amputazioni - due giovani vite cambiate per sempre - e abbiamo appreso dal direttore dell'ospedale che circa 300 persone hanno subito l'amputazione di arti nell'ospedale solo nell'ultimo mese", ha detto ancora, sottolineando che "i medici dicono che le necessità sono in aumento. Abbiamo visto due, a volte tre pazienti, condividere i letti. L'estrema stanchezza del personale, molti dei quali vivono praticamente nell'ospedale e da mesi non ricevono uno stipendio regolare, è palpabile, così come la frustrazione per la mancanza di forniture, attrezzature e spazi".

"In un altro ospedale - continua Lawler - abbiamo visitato bambini malnutriti e coloro che si prendono cura di loro nel buio più totale a causa dell'interruzione dell'elettricità. Il generatore di riserva si era guastato circa una settimana prima, quindi lavoravano al buio e mantenevano i vaccini essenziali a catena del freddo con impacchi di ghiaccio. Con l'avvicinarsi dei mesi estivi, quelle confezioni di ghiaccio non dureranno più".
Altri inquietanti particolari arricchiscono la narrazione del dramma di un popolo. "Durante la nostra visita, abbiamo appreso che le donne e le ragazze che erano state violentate nei primi mesi di guerra ora stanno partorendo - alcune di loro sono state abbandonate alle cure del personale dell'ospedale, che ha costruito una stanza per le nascite vicino al reparto dei parti. Abbiamo visto l'impianto di trattamento dell'acqua di al-Manara, sostenuto dall'Unicef, l'unico ancora funzionante dei 13 impianti presenti nell'area di Khartum, che fornisce acqua sicura a circa 300.000 persone a Omdurman. Anch'esso è stato danneggiato dai combattimenti e funziona solo al 75% della capacità, ma cesserà di funzionare tra due settimane, a meno che non si riesca a portare più cloro per il trattamento dell'acqua per quella popolazione".

Miliziani a Omdurman, la città 'gemella' lungo il Nilo della capitale Khartum

Miliziani a Omdurman, la città "gemella" lungo il Nilo della capitale Khartum - Reuters


"Sebbene si sentissero i rumori dell'artiglieria in lontananza, nel luogo in cui ci trovavamo c'era una relativa calma, ma c'era un'intensa presenza di uomini armati nei mercati, nelle strade e persino negli ospedali. Abbiamo visto molti giovani armati. Non è chiaro quanti anni avessero, ma è chiaro che erano giovani e che non frequentavano le scuole, che sono state chiuse dall'inizio della guerra - sottolinea - La fame è dilagante, è la preoccupazione numero uno espressa dalla gente. C'è cibo al mercato, ma è semplicemente inaccessibile per la maggior parte delle famiglie, anche a causa del continuo blackout delle telecomunicazioni che impedisce alle famiglie di ricevere il tanto necessario denaro tramite cellulare.
In un ospedale abbiamo incontrato una giovane madre il cui bambino di tre mesi era estremamente malato perché, non potendo permettersi il latte, lo aveva sostituito con quello di capra, con conseguenti problemi di diarrea. Non era l'unica. Il numero di bambini colpiti da malnutrizione acuta è in aumento, e la stagione di magra non è ancora iniziata. Si prevede che quest'anno in Sudan quasi 3,7 milioni di bambini saranno colpiti da malnutrizione acuta, di cui 730.000 avranno bisogno di cure salvavita".

"Solo a Khartoum i bisogni dei bambini sono enormi. Ma questo vale anche per il Darfur, dove sono stata il mese scorso in una missione transfrontaliera attraverso il Ciad. La portata e l'entità dei bisogni dei bambini in tutto il Paese sono semplicemente sconcertanti. Il Sudan rappresenta oggi la più grande crisi di sfollati al mondo. E alcuni dei bambini più vulnerabili si trovano nei luoghi più difficili da raggiungere. Le nostre richieste sono chiare: è necessario che le parti in conflitto consentano un accesso umanitario rapido, costante e senza ostacoli, sia attraverso le linee di conflitto all'interno del Sudan che attraverso i confini con i Paesi confinanti. Il Ciad ha fornito un'ancora di salvezza cruciale alle comunità del Darfur e l'accesso attraverso il suo confine rimane assolutamente cruciale, così come l'accesso attraverso il Sud Sudan.
Le parti in conflitto "hanno l'imperativo morale e la responsabilità legale di proteggere i bambini. In particolare, devono adottare misure concrete per prevenire e porre fine all'uccisione e alla mutilazione dei bambini, al reclutamento e all'utilizzo dei bambini nel conflitto e a tutte le forme di violenza sessuale". Da parte della comunità internazionale, "abbiamo bisogno di una massiccia mobilitazione di risorse entro la fine di marzo, in modo che i partner umanitari possano portare sul terreno le forniture e le risorse necessarie, in tempo per limitare l'imminente catastrofe umanitaria a cui stiamo assistendo. Con "24 milioni di bambini in Sudan hanno bisogno di pace e la meritano". Hanno bisogno di un cessate il fuoco. Hanno bisogno di una soluzione politica duratura. Hanno bisogno di una possibilità di essere bambini'', ha concluso.

Sfollatui sudanesi a Thonyor in Sud Sudan

Sfollatui sudanesi a Thonyor in Sud Sudan - Reuters

Un altro documento delle Nazioni Unite dipinge un quadro ancora più ampio e lo stesso devastante. Quasi 5 milioni di persone potrebbero precipitare in una "catastrofica insicurezza alimentare" nei prossimi mesi in Sudan, dopo quasi un anno di guerra tra generali rivali, è l'allarme lanciato da un secondo documento delle Nazioni Unite: "Senza auti umanitari urgenti e accesso ai prodotti di base", quasi 5 milioni di sudanesi, già in situazione di emergenza alimentare, "potrebbero scivolare in una catastrofica insicurezza alimentare in alcune parti del Paese nei prossimi mesi", ha scritto il capo dell'Ufficio delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite Martin Griffiths nella nota inviata al Consiglio di sicurezza. Tra un mese sarà il 15 aprile, la data che segnerà il primo anno di guerra del Sudan, perchè a Khartum tutto succede d'aprile, la guerra, il golpe e la dittatura che non ha mai lasciato le rive del grande fiume africano.


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