giovedì 27 maggio 2021
L’imprenditore Marco Zennaro era arrivato a Khartum nell’ambito di una commessa della sua azienda. Accusato per una presunta frode, è stato fermato dagli uomini di un capo milizia e portato in carcere
L'imprenditore Marco Zennaro

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In cella in Sudan con un’accusa di frode da ormai 56 giorni, ma nell’ambito di una vicenda dai contorni poco chiari. La vicenda dell’imprenditore veneziano Marco Zennaro, 46 anni, ingegnere elettrico per l’azienda di famiglia Zennaro Electrical Constructions con sede a Marghera, sta sfumando nel giallo. Poche delucidazioni sui motivi del primo arresto a Khartum, nel contesto della vendita di una partita trasformatori destinata all’azienda elettrica sudanese, e sul fermo successivo, avvenuto all’aeroporto dopo che l’imprenditore aveva pagato, nell’ambito di un accordo con il suo accusatore, 400mila euro. Nel frattempo, mentre Zennaro divide una cella con trenta detenuti in condizioni disumane, alla famiglia arrivano richieste di denaro e notizie di riferimenti alla drammatica fine di Giulio Regeni in Egitto.

L’azienda di Marghera aveva concluso un contratto in Sudan, che però era stato revocato per una presunta non conformità dei prodotti. Giunto a Khartum, Zennaro si era accorto di una serie di irregolarità negli accertamenti sui trasformatori, che erano stati svolti da un’azienda concorrente. A metà marzo, accusato di frode, Zennaro viene trattenuto in albergo, dove raggiunge un accordo per il rilascio: il pagamento di 400mila euro in cambio della rimozione del mandato d’arresto chiesto dal distributore Ayman Gallabi. Quindi il primo aprile, una volta in aeroporto, il secondo arresto, per mano di uomini riconducibili a un importante capo milizie. L’ambasciata italiana in Sudan si sta occupando del caso dall’inizio. «Contro Marco c’è un’accusa di frode ma da un soggetto terzo con cui mio fratello non ha mai avuto a che fare – spiega ad Avvenire Alvise Zennaro –. La compagnia sudanese Sedec aveva un contratto con il distributore Gallabi, colui che aveva acquistato la partita di trasformatori dall’azienda Zennaro. Ma i finanziatori di Gallabi sono miliziani, accanitisi su mio fratello». Gallabi è stato poi trovato morto in circostanze misteriose il 18 maggio. Il sospetto è che alla base di questa vicenda ci sia un tentativo di estorcere più denaro possibile alla famiglia dell’imprenditore veneto. «Vorrei fare un appello al ministero degli Esteri, perché la questione venga presa con la massima serietà e priorità – aggiunge Alvise Zennaro –. Mio fratello Marco è psicologicamente forte, ma non è facile stare in prigione così a lungo in condizioni terribili. I detenuti a Khartum non hanno l’ora d’aria, un letto o un materasso su cui dormire».

Della vicenda è stata interessata l’ambasciata italiana in Sudan, che ha chiesto il «pieno rispetto dei diritti» di Zennaro, ma all’imprenditore viene rinviata l’udienza per il ricorso sulla carcerazione. «Sono in costante contatto con il ministro Di Maio che ho trovato disponibile e soprattutto informato della vicenda. Abbiamo attivato tutte le forze in campo, anche a livello locale, per chiudere questa partita e portare a casa» Zennaro, ha detto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia.
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