sabato 7 maggio 2016
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Chi? Chi ha impartito l’ordine, chi ha sferrato l’attacco, chi ha fatto di profughi inermi – e della loro disperata illusione di essere scampati dall’inferno di Aleppo – carne da macello? «Dove è il mondo? », urla il suo dolore davanti alle telecamere un uomo, uno dei 2.500 rifugiati (450 famiglie) ospitati all’interno della struttura. Alle sue spalle relitti di povere tende fumanti, fango, sangue. Il giorno dopo l’attacco sul campo di Kamouna – provincia settentrionale di Idlib, vicino al confine con la Turchia, a una trentina di chilometri da Aleppo e a quattro da Sarmada – che ha ucciso 28 persone, il giorno dopo l’ennesimo scempio, è la volta delle accuse, del rimpallo delle responsabilità, delle presunte prove su chi ci sia dietro l’ennesimo crimine. Chi ha, dunque, veramente colpito? Per il responsabile Onu per i diritti umani, Zeid Ràad Al Hussein, i resoconti iniziali indicano come responsabili le forze del presidente Bashar al-Assad. Da parte sua il sottosegretario delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, Stephen ÒBrien, parla di «un crimine di guerra». Un attacco «deliberato », non certo un «incidente». Mamun al-Khatib, direttore di Shahba Press, un organo di informazione basato ad Aleppo vicino ai ribelli, ha riferito che il raid è stato eseguito da «due caccia del regime che hanno lanciato quattro missili contro il campo». Damasco nega. Per lo Stato maggiore delle forze armate siriane «le notizie circolate nei media sono prive di fondamento». La responsabilità della strage? È dei «gruppi terroristici». Mosca spalleggia Damasco. Le accuse mosse al regime «sono il solito ritornello». «Nessun aereo o drone russo ha sorvolato il campo profughi nel nord della Siria, «i raid potrebbero essere stati condotti dal Fronte al-Nusra », ha dichiarato un ufficiale dell’esercito russo. La prova? La fornisce il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov: il raid «non è stato compiuto da jet ma forse da lanciarazzi multipli come quelli usati dai qaedisti». Per il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov «la Russia si comporta in modo responsabile in Siria ed esorta tutte le parti a fare altrettanto responsabilmente e prudentemente». «Le provocazioni dei terroristi sono la causa principale della recrudescenza delle violenze ad Aleppo». «È una tragedia inaccettabile – recita una nota dell’Acnur, agenzia Onu per i rifugiati – che civili già costretti a fuggire per salvare la propria vita siano colpiti in questo modo: gli attacchi dimostrano un disprezzo vergognoso per la natura civile dei campi dove vivono le persone sfollate ». Invita alla cautela il vicario apostolico di Aleppo dei Latini. Il raid presenta una serie di «anomalie». In primis è «strano» che l’esercito siriano o i caccia russi «colpiscano un campo profughi», soprattutto se questo si trova «nei pressi della frontiera con la Turchia». Ecco perché è essenziale usare cautela e «non montare notizie». Attorno ad Aleppo si continua a combattere. Furiosamente. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, i miliziani avrebbero conquistato un villaggio strategico a sud della città, dopo una sanguinosa battaglia con i governativi che ha causato almeno 73 morti. Il villaggio di Khan Touman si trova nei pressi dell’autostrada che collega Damasco e Aleppo. Le forze di sicurezza siriane hanno poi dato l’assalto alla prigione di Hama, a Nord di Homs, dove dal 2 maggio era in corso una rivolta. I detenuti avevano preso in ostaggio i vertici della struttura. © RIPRODUZIONE RISERVATA COME SARAJEVO. Barriera alla periferia di Aleppo: l’incubo della città siriana rievoca i fantasmi bosniaci (Reuters)
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