martedì 6 luglio 2010
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Un paio di viceministri dimissionari, il timoniere della riforma delle pensioni impantanato nello scandalo Bettencourt, altri esponenti del governo contestati, la popolarità nel presidente Nicolas Sarkozy ai minimi storici. A pochi giorni dalle tradizionali cerimonie del 14 luglio, l’esecutivo francese neogollista attraversa la peggiore crisi di credibilità degli ultimi anni.Domenica, a gettare la spugna sono stati Alain Joyandet e Christian Blanc, a capo dei dipartimenti ministeriali dedicati alla cooperazione internazionale e alla futura area metropolitana allargata di Parigi (“Grand Paris”). Rivelazioni di stampa hanno messo in luce note spese ministeriali non proprio edificanti, soprattutto dopo le promesse di uno «Stato impeccabile ed esemplare» che hanno appena accompagnato gli annunci dei maxitagli della spesa pubblica volti a restringere la voragine del debito pubblico. A Blanc sono stati rimproverati 12mila euro di fondi pubblici mandati letteralmente a volare in fumo, poiché destinati all’acquisto di sigari. Joyandet ha invece noleggiato per motivi controversi un jet privato (116 mila euro) e ha inoltre ottenuto un permesso di costruzione illegale.  Ma al di là di queste ed altre singole derive, tutto l’esecutivo coordinato dal premier François Fillon è da settimane sotto pressione. Al punto che le dimissioni di Blanc e Joyandet sono state interpretate da molti come «un’azione di diversione» per allontanare i riflettori dalla principale bomba ad orologeria: ovvero, i sospetti di coinvolgimento di Eric Woerth, ministro del Lavoro, nello scandalo Bettencourt, dal nome dell’ereditiera dell’impero «L’Oreal» accusata di aver frodato il fisco tramite ingenti dirottamenti internazionali di fondi.Woerth è proprio l’uomo che Sarkozy ha recentemente voluto sulla ribalta per pilotare l’ultima riforma della legislatura, tanto emblematica quanto controversa: quella delle pensioni, il cui varo è previsto a settembre. Ma il “superministro”, che sembrava già predestinato per un futuro da premier, deve disinnescare ora indizi pesantissimi. Proprio ieri, il quotidiano Le Monde ha rivelato che la procura di Nanterre sta per aprire un’inchiesta preliminare sul ruolo giocato nell’affaire da Woerth e dalla moglie, quest’ultima a lungo nel giro dei gestori del patrimonio Bettencourt. Questi ed altri casi maturano in un clima già avvelenato dalla crisi e dalla fine annunciata dell’era fausta del welfare alla francese, con contraccolpi in termini d’opinione divenuti impietosi. Secondo un sondaggio Tns Sofres, solo il 26% dei francesi esprimono attualmente fiducia nel presidente, mentre il 64% dell’elettorato giudica i politici «piuttosto corrotti» (sondaggio Viavoice). La squadra di governo tenta di far quadrato, ma la coltre di polemiche continua ad infittirsi. Persino l’uscita poco decorosa della nazionale di calcio dai Mondiali sudafricani è divenuta un affare di Stato con ricadute per il potere centrale, dopo le audizioni pubbliche o private di dirigenti federali, allenatore e giocatori. Ieri, poi, altri forti malumori ha suscitato la scelta del nuovo presidente della televisione pubblica, Remy Pflimlin, nominato direttamente dall’Eliseo in virtù di una recente e contestatissima riforma dei media.
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