martedì 29 marzo 2016
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Almeno 72 le vittime a Lahore: «Più della metà i cristiani» Kamikaze taleban semina morte tra i fedeli al parco giochi Un massacro che ha pochi precedenti per numero vittime e moda-lità, pur in un Paese che vive nell’insicurezza, nel conflitto e nel ricatto dell’islam radicale. Domenica, un attentato kamikaze di matrice islamista ha trasformato in un mattatoio un affollato parco cittadino nella città di Lahore, capoluogo della provincia del Punjab e seconda città del Paese. Alle 18.30, un attentatore suicida ha fatto strage tra le famiglie alla ricerca di refrigerio e di svago in una giornata pasquale per la prima volta dichiarata ufficialmente in Pakistan. Non sorprende, dunque, che buona parte delle vittime – 72 morti e i circa 300 feriti – appartengano alla comunità. Secondo la testimonianza di Xavier P. William, responsabile della Ong “Life for All Pakistan” che si occupa di diritti delle minoranze religiose, sarebbero cristiani almeno 51 dei morti e 157 tra i feriti. Una circostanza confermata da Peter Jacob, già direttore della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cattolica del Pakistan. Quest’ultimo ha sottolineato come i terroristi abbiano cercato di causare il maggior numero di vittime possibili e colpire in particolare modo la comunità cristiana. La polizia ha, finora, preferito non sottolineare l’identità religiosa delle vittime, confermando però che «la maggior parte dei morti e dei feriti sono donne e bambini». L’elevato numero di bambini tra le vittime è un elemento-chiave di questa strage. Proprio loro sembrano infatti essere stati gli obiettivi principali del kamikaze che ha scelto per la sua azione l’area di un parco giochi. Con effetti devastanti. «Quando si è verificata l’esplosione le fiamme erano tanto alte da superare le cime degli alberi. Ho visto corpi volare in aria», ha detto un testimone che si trovava a passeggiare nel parco. Drammatiche anche le difficoltà dei soccorritori, davanti alla devastazione e alle carenze delle strutture sanitarie. «Abbiamo trasportato i feriti negli ospedali con taxi e altri mezzi, ha indicato un altro testimone oculare». Gli operatori si sono trovati in una situazione di grande difficoltà, sia per il numero di coloro coinvolti dall’esplosione («una folla di dimensioni non abituali» per la ricorrenza pasquale), sia per il traffico che ha impedito soccorsi immediati. Gli ospedali sono presto risultati incapaci di accogliere un simile numero di feriti, molti in condizioni gravi. Le prime indagini hanno confermato che si è trattato dell’azione suicida di un solo attentatore, ma che l’ordigno a alto potenziale ha lanciato chiodi e biglie d’acciaio in un vasto raggio con effetti devastanti. Poiché il kamikaze ha colpito in mezzo alla folla, a pochi metri da altalene e giostre a disposizione dei bambini presso il parco di Gulshan-e-Iqbal, situato in un’area residenziale di Lahore. Identificato come il 28enne Yousuf Farid, residente a Lahore, l’attentatore avrebbe frequentato una scuola coranica per otto anni. Il suo documento d’identità è stato ritrovato sul luogo dell’esplosione. Confermata la fuga di altri tre presunti terroristi e l’arresto di un sospettato. La rivendicazione dell’attentato è arrivata a poche ore dalla strage da parte della fazione Jamaat- ul-Ahrar del gruppo Tehreek-i-Taliban Pakistan. Significativa la circostanza che, oltre a confermare la paternità di un attacco rivolto espressamente alla comunità cristiana, anche la precisazione del portavoce del gruppo, Ehsanullah Ehsan. Secondo quest’ultimo, il massacro lancia il messaggio che Jamaat-ul-Ahrar è ora presente a Lahore e potrebbe agire ancora. Una circostanza non di poco conto. Lahore, infatti, non solo è la seconda città del Paese, ma anche quella più benestante e quella in cui la convivenza tra le comunità è armoniosa, come pure il rifiuto dell’estremismo religioso. Il capo del governo locale è, inoltre, Shehbaz Sharif, fratello del primo ministro Nawaz Sharif, ostile agli estremisti religiosi. Come conseguenza, il Punjab va verso un un giro di vite militare. In particolare, il controllo del territorio sarà affidato ai reparti paramilitari, che avranno la possibilità di condurre azioni anti-terrorismo e di fermare e interrogare sospetti. In qualche modo, un ulteriore cedimento del governo, stretto tra terrorismo e un apparato militare centrale da sempre presente nella vita del Paese e ancor più giustificato nel suo potere dalla situazione. «Esercito e governo sono sulla stessa linea. Esistono ancora dei problemi tecnici da risolvere », ha fatto sapere un funzionario della sicurezza di Lahore. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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