sabato 22 maggio 2010
Vittoria della Cia, Obama silura Blair. paga le faide interne. Nella scelta del presidente hanno pesato la mancata prevenzione della strage di Fort Hood, della bomba a Times Square e del fallito attentato di Natale sull’aereo a Detroit.
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Cade la prima testa della squadra della sicurezza nazionale di Barack Obama. Dennis Blair ha rimesso il mandato di direttore nazionale dell’intelligente (Dni). In una lettera al presidente l’ammiraglio a riposo ha comunicato che lascerà l’incarico di «zar» dell’intelligence. Un’uscita di scena tutt’altro che inaspettata visto il crescendo di incomprensioni, battibecchi e brontolii che hanno contraddistinto il rapporto fra il capo dell’intelligence e l’Amministrazione Obama. Ufficialmente Blair si è dimesso, in realtà Obama gli ha dato il benservito e non soltanto per i suoi ripetuti sbagli, ma anche per le tensioni create con le altre agenzie di spionaggio, in particolare la Cia, e con personaggi chiave dell’Amministrazione, come il capo di gabinetto Rahm Emanuel e il direttore del controterrorismo John Brennan. Oltre alle faide intestine, Blair paga una lunga serie di fiaschi nella prevenzione di attacchi terroristici sul suolo americano. Sarebbero tre gli episodi che hanno provocato attriti con la Casa Bianca: l’attentato mancato di Natale quando Umar Farouk Abdulmutallab provò a far esplodere il volo Amsterdam-Detroit; l’autobomba di Times Square l’1 maggio e la fuga dell’attentatore Faisal Shazad, beccato in extremis poco prima che il suo aereo decollasse alla volta di Dubai. A questi si aggiunge la strage di Fort Hood, in Texas, quando il medico dell’esercito uccise 13 persone.Nei giorni scorsi un rapporto della commissione Intelligence del Senato ha imputato «ad errori umani e tecnici» compiuti dal National Counterterrorism Center (Nctc), organismo alle strette dipendenze di Blair, il fallimento dell’intelligence nel prevenire il tentato attacco di Abdulmutallab. Blair esce pure sconfitto dalla «guerra fra burocrati» e sconta le contraddizioni della sua posizione: che sulla carta e in base alla riforma del sistema d’intelligence voluta da Bush nel 2004 lo porrebbe alla testa di tutte le agenzie di sicurezza statunitensi. Mai nei fatti lo «zar» è privo di poteri reali. Il grosso del budget, attorno a 75 miliardi di dollari, è infatti direttamente gestito dalla Cia e dal Pentagono. Anche sulle nomine nei vari uffici o nelle sedi all’estero Blair si è scontrato con i vertici della Casa Bianca. Difficili sono stati i rapporti con il capo della Central Intelligence Agency, Leon Panetta. Blair ha invocato nei mesi scorsi un aumento delle sue responsabilità di controllo sulle azioni degli operativi della Cia all’estero, ma la Casa Bianca ha risposto picche riaffermando il primato di Langley nella gestione delle «operazioni segrete». La lista dei successori di Blair – che lascerà l’incarico venerdì prossimo malgrado Obama gli abbia chiesto di restare sino a quando sarà individuato il successore – è già pronta. Il presidente ha già sondato alcune opzioni. Il favorito è James Clapper, sottosegretario alla Difesa per l’intelligence. In lizza anche John Hamre, al Pentagono con Clinton; Chuck Hagel, ex senatore repubblicano e il direttore del Centro nazionale del controterrorismo Michael Leiter. Lo scoglio però, al di là dei nomi, è rappresentato proprio dai poteri del Dni: nebulosi, malgrado il direttore nazionale dell’intelligence sia il numero uno dei servizi statunitensi.
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