venerdì 19 aprile 2013
​Mediazione dei vescovi venezuelani: «Dialogo» per evitare violenze. Ieri l'ottava vittima negli scontri fra chavisti e oppositori.
COMMENTA E CONDIVIDI
​È morta in un ospedale di Caracas: aveva un proiettile conficcato nella schiena. Rosiris Del Valle Reyes è l’ottava vittima degli scontri fra chavisti e oppositori, esplosi all’indomani delle elezioni presidenziali più conflittuali della recente storia venezuelana. Il Paese sudamericano vive giornate convulse, sospeso nell’incertezza. Le tensioni sembrano trasferirsi dalle strade alle reti sociali, sempre più infiammate, mentre nelle ore notturne le città si accendono di luci – i fuochi d’artificio sparati dai sostenitori di Nicolas Maduro – e risuonano assordanti i cacerolazos degli oppositori, a suon di pentole e coperchi. In questo difficile clima di calma solo apparente, si celebra oggi l’insediamento del nuovo presidente della Repubblica bolivariana: Maduro – contestato dalla metà dei venezuelani – verrà accompagnato nel suo giuramento da una quindicina di capi di Stato esteri, dall’argentina Cristina Fernandez Kirchner all’iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Assente invece l’opposizione. L’America latina appoggia, compatta, l’elezione del delfino del defunto presidente Hugo Chávez, mentre gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto la sua vittoria e sostengono la richiesta dell’oppositore Henrique Capriles: vanno ricontati tutti i voti.Il margine è scarso: circa 270mila schede di differenza a vantaggio di Maduro. L’opposizione ha impugnato i risultati e attende la decisione del Consiglio nazionale elettorale (Cne), mentre le autorità giudiziarie stringono il cerchio intorno a Capriles, accusato di fomentare con il suo comportamento le violenze di strada. In un Paese nettamente spaccato in due, c’è bisogno di mediatori. Così a proporsi è la Chiesa, alla quale la popolazione riconosce un’enorme credibilità sociale. «Come pastori e servitori di tutti i cattolici venezuelani, ribadiamo il nostro forte appello alla convivenza pacifica e alla riconciliazione», scrive la Conferenza episcopale del Venezuela. «Questo presuppone che ci riconosciamo gli uni con gli altri». «Il dialogo fra i dirigenti delle parti in conflitto – aggiungono i vescovi – è un impegno imprescindibile e urgente. La Conferenza episcopale venezuelana, con l’unica intenzione di servire tutto il popolo, si offre per facilitare questo dialogo». I vescovi invitano «i leader politici e sociali a mettere da parte il linguaggio offensivo, denigrante ed incendiario», ad «evitare gli scontri per le strade» e condannano le violenze registrate finora, in attesa di una profonda indagine. Ma non basta. I presuli venezuelani – oltre ad offrirsi come garanti di pace – appoggiano la richiesta di ricontare il 100% dei voti di domenica: una scelta che non sminuirebbe il lavoro delle istituzioni elettorali, ma al contrario «rafforzerebbe l’autorità morale» del Consiglio nazionale elettorale e ridarebbe «tranquillità» al Paese. Intanto il fuoco incrociato di accuse si fa sempre più pesante. Mentre l’"erede" di Chávez chiama l’oppositore «assassino» e promette che finirà davanti ai giudici, Capriles sostiene che gli scontri sarebbero stati provocati proprio dal governo socialista «illegittimo» per evitare di ricontare i voti.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: