domenica 15 maggio 2016
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Nella città da dove è partita la rivolta sta «attecchendo» la paura per il futuro L’economia è la priorità. «Riporteremo il Brasile sul giusto binario», ha detto il presidente Michel Temer. La prima riunione del nuovo gabinetto ha già fissato l’agenda dei prossimi 180 giorni: equilibrio nei conti pubblici, lotta alla corruzione e “snellimento” della pubblica amministrazione. A tal fine, l’esecutivo ha annunciato il taglio di 4mila dipendenti. L’esordio di Temer non ha sorpreso. Fin dalla scelta dei ministri era evidente l’enfasi sull’economia. I 21 designati sono uomini graditi ai mercati. In particolare, il responsabile dell’Economia, Henrique Meirelles, era stato la figura di “garanzia” nei confronti della finanza dei due mandati di Luiz Inacio Lula da Silva (2003-2010), che l’aveva messo alla guida della Banca centrale. Ora Temer l’ha “ripescato” per affrontare una crisi drammatica, con la disoccupazione al 10,9 per cento, l’inflazione al 9,28 e il debito intorno al 70 per cento del Pil. Ci riuscirà senza eliminare i programmi sociali che negli ultimi 13 anni hanno strappato alla miseria oltre 30 milioni di brasiliani? Questo è l’interrogativo che tormenta ora i gruppi sociali più disagiati. La lista dei ministri, però, ha suscitato perplessità anche in alcuni di quei settori che avevano sostenuto l’impeachment nella speranza di un rinnovamento. Oltre a essere formato da soli uomini e quasi tutti bianchi, il gabinetto include due esponenti – Henrique Alves e Geddel Vieira Lima – indagati per lo scandalo Petrobras. In totale sono sette i neo-ministri sotto inchiesta o già condannati. Alcuni partecipanti alle manifestazioni pro-impechment hanno espresso delusione. Il che non favorisce la “tenuta” di Temer: la sua popolarità non supera l’8%. SAN PAOLO La città di San Paolo appare ai miei occhi europei con la squillante sfacciataggine che le Americhe ancora mostrano al Vecchio Continente. Noi ci equivochiamo sempre nel considerare questa parte del mondo sudamericano come un parente che ci segue. Invece è vero che la modernità qui arriva prima che da noi, con i suoi motori elettrici, il funzionamento della vita quotidiana che cerca delle soluzioni all’immensità delle città e alla loro complessità. Certo San Paolo è la parte ricca del Paese, circondata da fabbriche, luogo di una logica immobiliare massiccia ma allo stesso tempo capace di rispettare ancora ampie zone di parchi e di verde. Nel quartiere degli artisti e intellettuali, Vila Madalena, ma anche nella im- mensa avenida Paulista c’è una cura per il decoro urbano, una capacità di “mantenere” marciapiedi e alberi, illuminazione. Ma soprattutto c’è un fermento straordinario, migliaia di giovani per strada a godere la mitezza di un autunno che finalmente è arrivato. La città, immensa, ha ovviamente le sue aree dove si spaccia crack e le sue favelas. Nell’insieme però il modello urbano è di una città nordamericana con un sacco di vita europea ed un gusto di essere in giro, di bighellonare, di godersi la città. Il mio amico Ricardo Arnt, giornalista ambientalista e uno dei fondatori del partito rappresentato da Lula e Dilma , poi uscitone, dice che sotto sotto tutti sono preoccupati da quello che accadrà. Cosa succederà dopo l’impeachment, visto che tutti sanno che il vice non durerà a lungo essendo anche lui accusato di corruzione. Ma soprattutto come reagirà la folla del partito al governo che non accetterà che i quasi dodici anni di dominio di una sinistra che aveva risanato economicamente il Paese e aveva dato speranza di una certa ridistribuzione della ricchezza, verrà spazzato via. Certo Dilma ha sbagliato molte cose, soprattutto a livello economico, ha contribuito a far rovesciare uno sviluppo che aveva dato una dinamica al Paese. E una parte dei suoi sostenitori l’ha abbandonata. In più qui nell’avenida Paulista c’è stata la più grande manifestazione nella storia della nazione, due milioni di persone ed era contro Dilma. Lo stesso Chico Buarque de Hollanda, il cantante straordinario di questo Paese, sua icona mondiale e considerato patrimonio dell’identità brasiliana ha preso le difese di Dilma. In un caffè di Rio è stato contestato, un avvenimento impensabile fino a qualche tempo fa e il suo ritratto in un cartellone che rievoca i cento anni di samba nella avenida Paulista preso a sassate. Riccardo Arnt dice che davvero non si capisce cosa riserva il futuro. Lula ha appena annunciato di essere pronto a riprendere le redini del Paese. Certo è un momento molto complesso. Perché quelli che vogliono l’impeachment sono sostenuti da una reale disillusione di buona parte del Paese. E non tutti gli oppositori di Dilma sono destra reazionaria. E il solito discorso sullo zampino dell’America viene accolto con una levata di spalle. No, qui si gioca qualcosa che fa parte della storia generale di questo Paese, affetto da una cronica tentazione verso la corruzione che colpisce chiunque vada al potere (certo noi italiani qui siamo vicini col cuore e con la nostra storia). Nel frattempo però le librerie sono piene di gente, fa piacere vedere come esista una letteratura fresca e intelligente rappresentata dall’ultimo libro dello stesso Chico Buarque, «Il fratello tedesco» che racconta la scoperta che il padre, grande storico e letterato e autore dei dizionari di lingua portoghese, aveva avuto un altro figlio nella Germania dell’est e che questi sognava di diventare cantante e di cantare «Quando la banda passò». © RIPRODUZIONE RISERVATA La presidente brasiliana (sospesa) Dilma Rousseff e, in alto, il leader venezuelano Nicolás Maduro (Reuters) LA DELUSIONE. Proteste contro il presidente ad interim Michel Temer (Ansa/Ap)
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