giovedì 26 febbraio 2009
Provenivano dalla provincia per chiedere al governo centrale di sanare un’ingiustizia subita. Si sono bruciati in auto: «Salvati dalla polizia». Dubbi sulla ricostruzione ufficiale
COMMENTA E CONDIVIDI
Hanno tentato di darsi fuoco nel cuore – simbolico e politico – della capitale cinese, quella piazza Tienanmen che fu teatro della sanguinosa repressione del 1989, e che con le Olimpiadi è tornata a essere il palcoscenico ( blindatissimo) sul quale la Cina offriva al mondo la propria nuova immagine di super potenza. Sono stati fermati dalla polizia cinese prima che portassero a termine il loro disperato gesto. Una protesta che “cade” a pochi giorni dalla visita a Pechino del nuovo segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Visita nella quale la questione dei diritti umani è precipitata nell’agenda delle priorità politiche dell’Amministrazione Usa, nel nome delle « strategie di cooperazione tra i due Paesi» . Ma chi erano i tre ( due uomini e una donna) che hanno tentato di darsi fuoco in piazza Tienanmen? Sono stati gli stessi funzionari di Pechino a fornire l’identikit dei tre, due dei quali sono finiti in ospedale. Si tratterebbe di tre “petitioners” venuti dalla provincia per chiedere al governo centrale di mettere riparo ad un’ingiustizia subita localmente. La pratica delle « petizioni » , oggi contrastato nei fatti con forza dalle autorità, è un’eredità della Cina imperiale sopravvissuta fino ai nostri giorni. Gli agenti, afferma la polizia nella sua ricostruzione, si sono insospettiti quando hanno visto una vettura con una targa non di Pechino aggirarsi nel quartiere centrale di Wangfujin, a poche decine di metri da piazza Tienanmen. Quando hanno fermato l’auto per perquisirla, i tre occupanti hanno cercato di darsi fuoco, ma sono stati bloccati dai poliziotti. Una versione credibile? Voci riportate da alcuni siti Web di Hong Kong sollevano dubbi su questa ricostruzione: secondo alcuni l’automobile dei tre uomini aveva una targa del Xinjiang, la regione autonoma del nordovest dove vivono nove milioni di musulmani uiguri, che affermano di essere discriminati e che costituiscono il gruppo più numeroso tra le migliaia di prigionieri politici cinesi. Altri parlano della possibilità che si tratti di tibetani, che oggi celebrano il loro capodanno e che avevano annunciato iniziative di protesta. In passato in Cina solo esponenti della setta religiosa del Falun Gong, perseguitata dal governo cinese, avevano usato questa forma di protesta. Nel 2001 cinque aderenti alla setta, quattro donne e un uomo, si erano dati fuoco non lontano dal luogo teatro del dramma di ieri. I cinque, gravemente feriti, erano stati salvati dalla polizia cinese. Poliziotti cinesi controllano Piazza Tienanmen, il cuore politico e simbolico della capitale Pechino (Ansa)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: