mercoledì 27 marzo 2024
«Ambedue sono amici; non guardano all’inimicizia della guerra, ma guardano l’amicizia di due uomini che si vogliono bene e che hanno passato per la stessa crocifissione». Ecco la loro storia
Papa Francesco con i due padri, israeliano e palestinese

Papa Francesco con i due padri, israeliano e palestinese - Vatican news

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Sono Rami Elhanan e Bassam Aramin i due papà che hanno perso una figlia nel conflitto in corso in Terra Santa e che oggi sono stati abbracciati da papa Francesco prima dell'udienza generale. Smadar, la figlia 14enne di Rami, è stata uccisa da un kamikaze palestinese mentre faceva shopping con le amiche, nel centro di Gerusalemme. Abir, 10 anni, figlia di Bassam, è stata colpita a morte fuori dalla sua scuola da un giovane soldato israeliano. Oggi Bassam e Rami - in Italia in questi giorni - erano presenti in Aula Paolo VI all’udienza generale del mercoledì, seduti vicini e accompagnati dal direttore della Libreria Editrice Vaticana (LEV), Lorenzo Fazzini. Francesco li ha ricevuti in mattinata, prima dell'udienza, nell'Auletta: un saluto, un abbraccio, uno scambio di doni. Poi li ha salutati nuovamente durante il baciamano, ma prima, a conclusione della catechesi sulla virtù cristiana della pazienza, ha voluto richiamare l'attenzione del mondo sulla loro storia: “Qui oggi, in questa udienza, ci sono due persone, due papà. Sono i primi: uno israeliano e uno arabo. Ambedue hanno perso le loro figlie in questa guerra e ambedue sono amici; non guardano all’inimicizia della guerra, ma guardano l’amicizia di due uomini che si vogliono bene e che hanno passato per la stessa crocifissione". Li abbiamo incontrati qualche giorno fa a Venezia.

«Parlo da palestinese: noi siamo vittime delle vittime dell’Olocausto». «Parlo da israeliano: la legittima autodifesa non dà diritto alla vendetta, e la vendetta israeliana è sproporzionata». Rami Elhanan è israeliano. Bassam Aramin, palestinese. Nessuno più di loro ha il diritto d’essere ascoltato.

«Abbiamo pagato il prezzo più alto possibile e sappiamo e comprendiamo il significato della perdita», dicono. Il prezzo è stata la vita delle loro due bambine. Si sono conosciuti quando avrebbero dovuto essere così lontani, per colpa della guerra degli uni dichiarati agli altri. A Rami e Bassan è capitata la sorte peggiore. Avevano due figlie, Smadar e Abi. La bambina palestinese è stata uccisa dai proiettili di gomma dura sparati dall’esercito israeliano. La coetanea israeliana è stata travolta da un attentato dei palestinesi di Hamas. E si sono ritrovati così, Rami e Bassan. Due uomini rimasti padri, ma che non sarebbero stati chiamati papà. A farli conoscere è stata la memoria del dolore, non solo quello dei propri lutti. Ma la consapevolezza e la necessità di far sapere che una stretta di mano vale più dell’indice che tiene il grilletto. Parlano con Avvenire alternandosi prima di rivolgersi al pubblico dell’Aula magna dell’Ateneo Veneto, a Venezia, su invito di Assopace Palestina e del festival “vicino/lontano-Premio Terzani di Udine”.

Bassan Aramin (a sinistra) e Rami Elhanan

Bassan Aramin (a sinistra) e Rami Elhanan - Kathia Arbi

«Mio padre – racconta Rami – è sopravvissuto ad Auschwitz, perciò conosciamo il dolore e l’umiliazione, ma la legittima autodifesa non dà diritto alla vendetta. Il 7 ottobre siamo stati umiliati dai terroristi di Hamas. Ma la risposta non possono essere i civili uccisi in massa». Per non dire di «tutti quei muri di separazione e quei miliardi di dollari spesi per tecnologia di sorveglianza, e che il 7 ottobre non sono serviti a niente».

La loro amicizia è stata raccontata in Apeirogon, il best seller internazionale dello scrittore irlandese Colum McCann (Feltrinelli), vincitore del Premio Terzani 2022. Sono tornati in Italia da dove vogliono rilanciare il loro messaggio di fratellanza e pace nonostante i torti subiti. Ma che spazio c’è per parole come le loro, ora che a dettare i tempi sono i fanatismi. L’apeirogon è un poligono dai lati infiniti, come la complessità della Terra Santa, dove il conflitto israelo-palestinese appare infinito e misterioso, eppure sorgono voci di speranza. «È difficile – ammette Bassam –, ma soprattutto ora dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per diffondere questo messaggio: la pace è possibile, è necessaria, ma non si raggiunge con le vendette. L’unica soluzione è la fine dell’occupazione israeliana. Questo è il problema principale».

Rami è d’accordo. E si spinge oltre: «I politici di entrambe le parti si stanno comportando come dei mafiosi, non rappresentano il popolo, ma solo una minoranza. La linea di demarcazione non è tra israeliani e palestinesi – osserva –, ma tra chi vuole la pace e chi no, tra chi è disposto a pagare un prezzo per la pace e chi no. Non ci sono due strade da percorrere: la gente capisce che il prezzo della mancanza di pace è orribile e quando lo capirà, ci sarà la pace».

Rami e Bassam lo devono alle loro bambine e alla loro storia. «È nostro obbligo morale rivolgerci alla nostra gente, a coloro che non hanno ancora perso dei figli, e dire loro che c’è un’altra strada».



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