venerdì 24 febbraio 2012
​Alla Conferenza di Londra il monito del premier Cameron: «Tutti pagheranno le conseguenze dell’instabilità». Ban: c’è un’opportunità di miglioramento reale Creato un meccanismo di trasparenza finanziaria per gli aiuti. Terzi: orasi proceda con le riforme Gli shabaab respingono la «crociata occidentale».
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Il mondo agisca in fretta sulla Somalia o «pagherà il prezzo» dell’instabilità politica, del terrorismo islamico e della pirateria. È il messaggio lanciato ieri alla conferenza internazionale sui problemi del Paese del Corno d’Africa, alla quale hanno preso parte fra gli altri il premier britannico David Cameron, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi, oltre ai rappresentanti di circa 50 fra Paesi e organizzazioni. «I problemi della Somalia non riguardano solo la Somalia, ma tutti noi. Se restiamo seduti a guardare, pagheremo il prezzo per questo», ha detto Cameron, sottolineando poi che sulla questione della pirateria non si tollererà «impunità per i pirati e nemmeno per chi li finanzia».La Clinton ha promesso 64 milioni di aiuti aggiuntivi in assistenza umanitaria per migliorare le condizioni di vita dei somali, colpiti da oltre vent’anni di carestia e guerre civili. «Per decenni – ha detto la Clinton – il mondo si è concentrato su cosa prevenire in Somalia, che fosse una guerra, la carestia o altri disastri. Oggi ci concentriamo su cosa si può costruire». Ban ha sottolineato l’aumento delle forze di pace dell’Unione Africana, che superano le 17mila unità nel Paese, e la riconquista di una città importante, Baidoa, tolta al controllo dei miliziani shabaab, che controllano tuttora oltre un terzo del territorio. «Abbiamo aperto uno spazio per la pace e la stabilità in Somalia. È un piccolo spazio, ma non dobbiamo lasciarsi scappare questa opportunità», ha detto Ban.«Non accetteremo una ulteriore estensione della transizione» perché «lo status quo non è un’opzione», ha affermato da parte sua Terzi. Ricordando che l’Italia è stata «accanto alle istituzioni federali di transizione», il titolare della Farnesina ha sottolineato che «ora ci aspettiamo che le riforme programmate siano realizzate in modo che la Somalia possa avere un nuovo quadro istituzionale». Il timore è che l’attuazione delle riforme – quella del Parlamento, oltre all’adozione di una nuova Costituzione – non segua il calendario fissato a dicembre dalla Conferenza di Garowe. Per Cameron spetterà ai somali scegliere un governo che, dopo la scadenza del governo trasnitorio ad agosto, sia «il più inclusivo possibile».L’Italia, ha spiegato Terzi, «accoglie positivamente» la creazione di un Consiglio congiunto di gestione finanziaria che assicuri «una gestione efficace delle entrate e migliori la fiducia reciproca tra Paesi donatori e autorità somale». Si tratta di un nuovo meccanismo di monitoraggio volto ad assicurare maggiore trasparenza nella gestione delle entrate, inclusi gli aiuti internazionali, da parte delle autorità somale e delle agenzie delle Nazioni Unite. Il primo ministro del governo provvisorio somalo, Abdiweli Mohamed Ali, ha detto che la Somalia «si sta muovendo verso un’era di pace, stabilità e normalità», aggiungendo di sperare in un «grande Piano Marshall». Andrebbe in questa direzione un finanziamento di 100 milioni di euro per progetti immediati annunciato dall’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton.Da parte loro gli estremisti shabaab hanno già bollato la Conferenza di Londra come «una crociata occidentale» a cui occorre rispondere con la «guerra». Secondo i ribelli islamici, i Paesi partecipanti all’appuntamento londinese «non possiedono le chiavi del futuro e della stabilità della Somalia» e anzi vogliono «prolungarne l’instabilità». «Di fronte a questa campagna imperialistica ci leveremo ancora più forti e determinati – hanno minacciato –. Mai accetteremo compromessi sulla nostra fede e sul nostro obiettivo di stabilire un governo basato sulla sharia». A Baidoa, da dove i ribelli erano fuggiti due giorni fa, l’altra notte sono risuonate due forti esplosioni, subito rivendicate dagli shabaab. I segnali dal terreno, insomma, restano più che mai scoraggianti.
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