giovedì 17 marzo 2022
L'ultima vittima è Armando Linares, l'ottavo da gennaio (con un morto ogni 9 settimane) direttore di Monitor Michoacán. Aveva denunciato minacce dopo l'omicidio del collaboratore Roberto Toledo
Protesta dei giornalisti a Morelia

Protesta dei giornalisti a Morelia - Ansa

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«Non portiamo armi. La nostra unica difesa sono penna, matita e taccuino. Continueremo a denunciare la corruzione a costo della vita». Nel video, Armando Linares appare provato. Quando è stato pubblicato, all’inizio del mese scorso, il direttore di Monitor Michoacán aveva perso da poco uno dei suoi collaboratori, Roberto Toledo, assassinato da una raffica di proiettili a Zitácuaro, nello Stato del Michoacán, il 31 gennaio. Per questo, aveva realizzato il filmato, denunciando le ripetute minacce di morte ricevute dalla redazione a partire dal 2019, dopo un’inchiesta sull’operato del procuratore Adrián López Solís, accusato di traffico di influenze. Le intimidazioni si erano tragicamente avverate con l’omicidio di Toledo.
Il grido di Linares è rimasto inascoltato. Ora anche lui è morto, ucciso martedì da otto colpi d’arma da fuoco esplosi da sconosciuti nella stessa casa della vittima, di fronte ai familiari. Nemmeno questo ha placato i narcos. Mercoledì sera, un gruppo di sicari ha fatto irruzione alla veglia funebre e ha dato due minuti ai giornalisti presenti, di Monitor Michoacan e di altre testate, per andar via. Il tutto nonostante la vigilanza organizzata dalla procura generale. Qualche ora dopo, è arrivato il drammatico annuncio del vicedirettore: il quotidiano online, specializzato nella copertura della narco-guerra, chiuderà i battenti per proteggere i propri reporter.
Linares è l’ottavo giornalista assassinato in Messico da gennaio, la nazione più letale per gli operatori dell’informazione. Più delle zone di guerre dichiarate. Nel 2021 sono stati ammazzati nove reporter: uno ogni 40 giorni. Quest’anno il ritmo ha raggiunto il record di una vittima ogni nove giorni
. L’escalation è evidente.
E, secondo gli esperti, è dovuta a una ridefinizione degli equilibri di potere tra i gruppi criminali dominanti e i pezzi di Stato da questi catturati. L’impunità – a quota 99 per cento – e l’inerzia istituzionale, inoltre, favoriscono il dilagare della violenza. In questo contesto, la redazione di Monitor Michoacán ha rivolto un appello pubblico al presidente Andrés Manuel López Obrador: «Gli allarmi e le richieste di soccorso di Armando non sono state ascoltate. Il governo deve prendere con estrema serietà gli omicidi, le aggressioni e le violazioni dei diritti dei giornalisti». Già il mese scorso, gli operatori dell’informazione erano scesi in piazza per chiedere giustizia e protezione. Poi, Usa e Parlamento Europeo hanno espresso «preoccupazione» per l’ondata di delitti. «Ingerenze», le ha definite il presidente, salvo ribadire la tolleranza zero sui crimini contro i media per cui finora sono stati arrestati 17 sospetti. La violenza, però, non si arresta. E fra i giornalisti cresce la paura.



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