lunedì 5 gennaio 2009
La Corte Suprema dell'India ha ordinato alle autorità dell'Orissa di garantire la sicurezza delle migliaia di cristiani costretti a fuggire dalle loro case e dai loro villaggi per scampare alle più violente persecuzioni  degli ultimi decenni.
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La Corte Suprema dell'India ha ordinato alle autorità dell'Orissa di garantire la sicurezza dei migliaia di cristiani costretti a fuggire dalle loro case e dai loro villaggi per sfuggire alle più violente persecuzioni  degli ultimi decenni. La sentenza dà ragione alle denunce dei leader cristiani che avevano accusato le autorità dell'Orissa di non aver garantito la sicurezza dei cristiani costretti a vagare in campi e foreste. La Corte Suprema ha anche proibito al governo dell'Orissa - guidato da una coalizione di partiti regionali e dal partito nazionalista indù - di ritirare senza l'autorizzazione del governo centrale le truppe dalle zone segnate dalla violenza anti-cristiana. Come si ricorderà l'attacco violento alle comunità cristiane in Orissa è esploso lo scorso agosto dopo l'uccisione di un anziano leader locale indù e intorno al contenzioso delle conversioni al cristianesimo che avvengono nelle aree tribali. I leader cristiani accusarono allora i gruppi nazionalisti indiani di aver scatenato la violenza per calcoli politici, mentre i gruppi per i diritti umani hanno accusato il governo dello stato e la polizia di essere rimasta a guardare. Le violenze hanno provocato la morte di almeno 38 persone e il ferimento di altre centinaia. Decine di migliaia di cristiani sono fuggiti trovando rifuguio in campi profughi o nelle foreste. I leader cristiani hanno perciò firmato una petizione chiedendo l'intervento della Corte Suprema dopo che le autorità locali non hanno provveduto a garantire la minima forma di sicurezza e gli attacchi sono continuati.La sentenza della Corte, pur importante, non sembra però poter cambiare immediatamente la situazione. In Orissa, comunque, i cristiani hanno detto di avere paura di tornare nei propri villaggi malgrado ciò che hanno detto i giudici. 2Abbiamo deciso di non tornare a casa - ha detto Banita Pradhan, 27 anni, che vive in una baraccopoli a Bhubaneswar, la capitale dello stato - Non credo che la situazione migliorerà mai". "Non possono essere sicuri perché possono essere attaccati in ogni momento", ha aggiunto l'arcivescovo Raphael Cheenath.
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