martedì 21 dicembre 2021
Alcuni missionari che operano in altri continenti raccontano come vivono le feste. In Giordania, dove i cristiani sono una netta minoranza, il Natale è occasione di incontro tra diverse religioni
Dallo Zimbabwe alla Giordania, ecco come si vive il Natale

De Maos Dadas

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Che cosa significa vivere il Natale in un altro continente? Abbiamo raccolto le storie di alcuni missionari che operano in diversi Paesi: ecco quello che ci hanno raccontato.

Trentacinque battesimi e ventuno matrimoni accompagneranno il Natale nelle parrocchie di Sant’Ignazio e Santo Stefano, nella città di Harare, capitale dello Zimbabwe. Verranno celebrati nei giorni vicini al 25 dicembre: “Questo è il periodo in cui tutti i componenti delle famiglie si riuniscono, quindi tutte le date importanti si vivono in questi giorni. È una grande gioia” racconta Padre Fernando Muller, gesuita, che da maggio opera nel Paese. Fino allo scorso anno viveva sull’altopiano di Angònia, nel nord del Mozambico. Poi lo spostamento in Zimbabwe presso le due parrocchie di Sant’Ignazio e Santo Stefano, che insieme contano 4.000 fedeli. "I grossi problemi sociali qui sono legati al sovraffollamento delle case, alla disoccupazione, alle dipendenze da droghe e alcol e alle violenza domestica". Padre Muller ha origini tedesche: “La differenza con il Natale che avrei vissuto in Germania è che qui le chiese saranno pienissime e con tante persone giovani. Le messe dureranno dalle tre alle quattro ore, ma sono così animate da canti e balli che non ci si accorge nemmeno della loro lunghezza” conclude Padre Fernando.

Il Natale è festa attesa anche al villaggio del Mocambo, nel comune brasiliano di Parintins, in piena foresta amazzonica. Lì si trova “De Maos Dadas”: cinque casette in un prato, una biblioteca e un salone di accoglienza, tutte al servizio dei bambini. Il centro è stato fondato nel 1998 da due volontarie bergamasche, Marina Alborghetti e Catia Battaglia, per rispondere al desiderio delle famiglie locali di avere un luogo dove accogliere bambini e adolescenti che si trovano in uno stato di grande fragilità economica e famigliare.

De Maos Dadas

Oggi "De Maos Dadas" ha cinque dipendenti e accoglie 120 bambini per svariate attività, come momenti di gioco e formazione e corsi di cucito, riciclaggio dei materiali, intaglio del legno, ballo. “Il 25 dicembre è una data molto attesa dalle famiglie: in alcune case ci sono gli addobbi natalizi, per mostrare che si sta aspettando Qualcuno che deve arrivare” racconta Claudineia, che oggi coordina il centro. “Ogni famiglia ha il suo modo di vivere il Natale. C’è lo scambio dei doni e alcune persone si riuniscono per fare alcune Novene di preghiera nelle case di amici e conoscenti. In queste occasioni, le persone più esperte condividono le loro esperienze di vita con gli altri, fanno da guida per i presenti”. Prima della pandemia, il Natale era l’occasione anche per donare alimenti alle persone più fragili della comunità. “Adesso però stiamo vivendo un momento di grande difficoltà, molte persone sono diventate disoccupate e i prezzi dei generi alimentari sono cresciuti tanto” spiega Claudineia. Anche le attività del centro hanno vissuto momenti molto difficili a causa della pandemia: “In tutto il 2020, le attività con i bambini e gli adolescenti sono durate soltanto 17 giorni e poi sono state sospese. Nel 2021 abbiamo pensato che il centro stesse per chiudere completamente perché alcuni aiuti economici non ci sono stati rinnovati" continua Claudineia. "Abbiamo vissuto momenti di disperazione: sappiamo quanto è importante questo progetto per i bambini. Ma Dio è meraviglioso e aveva già un piano per farci tornare alle nostre attività. Il 19 ottobre abbiamo potuto riprendere le attività del centro”. Poco prima di Natale, i ragazzi del centro vivranno la festa di fine anno: “A tutti loro verrà regalato un giocattolo” conclude Claudineia.

I bambini sono i protagonisti anche delle attività dell’Arsenale dell’Incontro, che si trova a Madaba, una città di 70mila abitanti in Giordania. L’Arsenale è una scuola per bambini e ragazzi con disabilità, anche di diverse religioni. "Nel Paese i cristiani sono il 2% della popolazione. Il giorno di Natale qui è una festa anche per i musulmani: si celebra la nascita del profeta Gesù” racconta Irene Panarello, che è in Giordania da 9 anni e abita l’Arsenale dell’Incontro insieme a Chiara Giorgio e Chiara Maria Meulli. Le tre missionarie fanno parte della Fraternità della Speranza del Sermig, che ha la sua sede principale all’Arsenale della Pace di Torino. “A Madaba il Natale è un’occasione di dialogo tra diverse religioni: il 25 dicembre, di solito, tutte le confessioni cristiane si trovano nella sala della chiesa principale di Madaba, per uno scambio di auguri. Partecipano anche le autorità della città, che sono musulmane”. E nella piazza principale della città appare ogni anno un albero di Natale. “È una festa molto sentita soprattutto a livello famigliare: tutti vanno a trovare i propri parenti”. Alcuni dei cristiani della zona sono rifugiati iracheni e per qualcuno di loro questo Natale sarà molto particolare: “In questi giorni stanno partendo per l’Australia, dove c’è il desiderio di costruire una nuova vita. Fino a poco fa le frontiere erano chiuse, ma ora si può tornare a viaggiare”.

Arsenale dell'Incontro

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