sabato 20 febbraio 2021
Almeno trenta i feriti. L'Unione Europa: siamo pronti a decisione appropriate
Lacrimogeni contro la protesta a Mandalay

Lacrimogeni contro la protesta a Mandalay - Reuters

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Volevano ricordare Mya Thwate Thwate Khaing, venti anni, la prima vittima della repressione in Myanmar. Hanno dovuto fronteggiare la reazione della polizia. Che ha sparato. Ancora. Ad altezza d’uomo. Uccidendo due persone e ferendone altre trenta a Mandalay, la seconda città del Paese. Una delle vittime è stata colpita alla testa ed è morta sul posto, secondo Frontier Myanmar. Un altro dimostrante è stato colpito al petto ed è morto durante il viaggio verso l’ospedale.

Un manifestante ferito dalla polizia a Mandalay viene soccorso

Un manifestante ferito dalla polizia a Mandalay viene soccorso - Ansa


«Metà dei feriti sono stati colpiti dai proiettili e una delle vittime era un minorenne a cui è stato sparato alla testa», è la drammatica testimonianza di Hlaing Min Oo, capo della squadra di operatori del servizio emergenze a Mandalay. La polizia avrebbe usato munizioni vere per disperdere i manifestanti che si erano radunati nei pressi di un cantiere navale. Dall’inizio delle proteste sono state arrestate circa 550 persone. A tre settimane dal golpe cresce la pressione internazionale sulla giunta militare: «Condanno fermamente la violenza esercitata dai militari contro pacifici manifestanti civili – ha scritto l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell –. Esorto i militari e tutte le forze di sicurezza in Birmania a fermare immediatamente la violenza contro i civili. Domani al Consiglio Affari esteri discuteremo degli ultimi eventi in Birmania, per prendere le decisioni appropriate». Due giorni fa, gli Stati Uniti hanno chiesto nuovamente alla giunta miliare di «astenersi dalla violenza».
Appelli, per ora, inascoltati.

La veglia per commemorare la prima vittima birmana a Yangon

La veglia per commemorare la prima vittima birmana a Yangon - Ansa

Il Paese è un passo da baratro. Il prolungamento della tensione quotidiana rischia in ogni caso di affossare un’economia già duramente provata dalla crisi causata dal coronavirus. Molte aziende straniere hanno già interrotto i legami con i militari, e si prevede un brusco calo degli investimenti stranieri.

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