mercoledì 10 luglio 2013
Annullati in appello i 2 mesi di cella inflitti a Nicolas Buss. Ha trascorso 19 giorni in carcere, ora la pena è stata commutata in un’ammenda. In suo favore e contro la «sentenza politica» si era scatenata una catena di solidarietà Anche alcuni magistrati avevano espresso vicinanza.
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Non meritava di finire dietro le sbarre come un delinquente ordinario per il proprio impegno civile contro la legge Taubira e alla fine la giustizia francese ha dovuto riconoscerlo. Dopo 19 giorni passati in isolamento presso il carcere di Fleury-Mérogis, lo studente ventitreenne Nicolas Bernard-Buss è tornato ieri in libertà, con gran sollievo dei familiari e del vastissimo fronte che si è battuto contro la «condanna scandalosa» a 2 mesi di prigione senza condizionale inflitta in primo grado. Nella propria sentenza di ieri, dopo aver ascoltato le lunghe spiegazioni a testa alta dello stesso Nicolas, la Corte d’appello di Parigi ha commutato la pena in un’ammenda. La giustizia, dunque, ha in gran parte riconosciuto l’errore commesso.  Guardando i giudici in faccia, Nicolas ha descritto il proprio arresto sugli Champs-Elysées, lo scorso 16 giugno, come una «cattura» brutale, spiegando di essere stato «legato, cinturato e scagliato come un animale» sul furgone della polizia. Gli agenti avevano seguito Nicolas nonostante quest’ultimo si fosse allontanato, con qualche amico, dal luogo in cui quel giorno era stato organizzato un “comitato d’accoglienza” pacifico al presidente socialista François Hollande, invitato in serata da una rete televisiva privata. Secondo la polizia, i circa 1.500 manifestanti dispersi erano usciti fuori dal perimetro in cui la manifestazione era autorizzata: una versione, questa, che secondo gli esperti è già in sé la prova di un’applicazione più che zelante della legge, dato che ogni giorno in Francia tanti analoghi raduni di protesta non danno luogo ad alcun fermo. Nicolas era stato poi processato per direttissima, sotto lo sguardo allibito di chi ha subito denunciato un «processo politico».Il fronte in difesa di Nicolas si è rapidamente allargato ben al di là del perimetro degli oppositori alla legge sulle nozze e adozioni gay. Anche un gruppo di una ventina di giudici ha espresso indignazione, scrivendo sul sito dell’Associazione professionale dei magistrati «per contestare il fondamento giuridico dell’arresto» dello studente, iscritto all’Istituto Cattolico di Parigi. Nello stesso testo, i magistrati, citando il codice penale, hanno pure difeso il diritto, per qualsiasi sindaco refrattario, di «prendere misure positive per impedire la celebrazione di matrimoni omosessuali». A sostenere Nicolas sono state anche le proteste ininterrotte dei “veilleurs debout”. Giorno e notte, in piedi e in silenzio, decine di manifestanti si sono alternati per esprimere il proprio dissenso davanti al Ministero della Giustizia e altri luoghi simbolo della capitale. Inoltre, i 19 giorni passati in prigione non sono bastati allo studente per leggere le centinaia di lettere di sostegno giunte da tutta le Francia. L’afflusso record ha mandato in tilt il servizio postale del penitenziario di Fleury-Mérogis.  Anche se i genitori di Nicolas avevano pubblicamente invitato a non trasformare lo studente in «un eroe», il ventitreenne ha simbolicamente ricevuto l’abbraccio di tutta quella Francia, maggioritaria secondo i sondaggi, a cui il potere centrale ha negato con ostinazione un referendum repubblicano sulle nozze gay. Per milioni di francesi, ieri è stato liberato un «prigioniero politico», tanto il profilo di Nicolas assomiglia a quello di un’intera generazione pacifica e spinta da nobili ideali civili. In serata, la Manif pour tous, il vasto fronte associativo ancora attivamente opposto alla legge Taubira, ha annunciato l’avvio di una procedura presso l’ufficio del Difensore dei diritti per denunciare tutte le azioni repressive «illegali» dei mesi scorsi. 
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