giovedì 24 marzo 2016
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La pace fra Bogotà e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) può attendere. Anzi deve. Non troppo a lungo, però. Ieri è scaduto il termine che le due parti si erano “auto-imposte” sei mesi fa, per siglare l’accordo definitivo. Come preannunciato dal presidente Juan Manuel Santos e dal capo della guerriglia, Rodrigo Londoño, alias Timochenko, la settimana scorsa, però, la firma non c’è stata. Ostacoli sull’ultimo punto in agenda – disarmo e smobilitazione delle Farc – hanno rallentato i negoziati, in corso da tre anni all’Avana. Là, il segretario di Stato Usa, John Kerry ha colto l’occasione del viaggio del presidente Obama per riunirsi, separatamente, con le due delegazioni. E, ieri, in un’intervista a Univisión, ha confermato: «Governo e Farc non sono ancora pronti a firmare l’accordo di pace. Del resto, mettere fine a 52 anni di guerra non è facile. Entrambe le parti sono, però, molto determinate». Le trattative, dunque, proseguono. E, secondo varie fonti, si potrebbe arrivare all’annuncio tra maggio e giugno. Gli Usa, da parte loro», ce l’hanno messa tutta. Oltre ad Obama, sugli spalti dello Stadio Latinoamericano della capitale cubana, ad assistere alla partita, martedì, c’era anche Timochenko, il leader delle Farc. Gruppo, quest’ultimo ancora nella lista di Washington delle «organizzazioni terroristiche ». Kerry, ieri, ha ribadito l’intenzione Usa di rimuoverlo dopo la pace, «quando la guerriglia smetterà ogni attività nel narcotraffico». Un ulteriore incentivo per quest’ultima. «Nonostante non si sia arrivati all’accordo, l’impegno morale delle parti resta forte», spiega ad Avvenirepadre Darío Echeverri, della Commissione per la riconciliazione nazionale della Chiesa, in prima linea nel processo di pace. «Alla Chiesa stanno a cuore i negoziati. Ma il suo impegno va al di là di una determinata trattativa. Il fine è contribuire alla costruzione di una Colombia riconciliata e pacifica». Per questo – aggiunge il sacerdote – «è meglio posticipare una firma che siglare un accordo malfatto». Anzi, secondo padre Darío, è stato un «errore» fissare una scadenza. Perché oltre all’ultima questione al momento in discussione, ci sono altri 28 temi accantonati nel corso della lunga negoziazione dalle parti, incapaci di trovare un compromesso. Argomenti importanti come lo smantellamento delle piantagioni di coca, la partecipazione politica degli ex miliziani, le zone di riserva contadina. Non è detto che tutti i nodi vengano sciolti prima della firma. È chiaro, però, che le delegazioni vogliano almeno avere un quadro di riferimento comune prima di annunciare la pace. © RIPRODUZIONE RISERVATA Juan Manuel Santos (Epa)
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