
Una fabbrica di giocattoli a Yangzhou in Cina - ANSA
“Cosa dovrei fare? Vendere bambole calve?", sbotta Isaac Larian, Ceo di MGA Entertainment, azienda californiana specializzata in giocattoli. Il ragionamento è semplice, sillogistico: la sua azienda commercializza bambole, nessuna fabbrica americana è in grado oggi di produrre capelli per bambole, ergo la MGA Entertainment non potrà più fabbricare e vendere bambole. Larian confessa di essere sul punto di buttare la spugna. La guerra commerciale tra i due giganti dell'economia mondiale lo costringerà, ha ammesso alla Cnn, a licenziare i lavoratori americani nella sua fabbrica di Hudson, Ohio: in tutto circa 700 dipendenti. “La vita della mia attività, lunga 46 anni, è a rischio”, conclude amareggiato.
È una delle conseguenze della “valanga” dei dazi che il presidente Usa, Donald Trump ha scatenato contro l’economia cinese (con tanto di reazione del Dragone). L’effetto boomerang potrebbe essere devastante anche per il mercato a stelle e strisce, scatenando una reazione a catena i cui effetti sono al momento difficilmente calcolabili. Secondo i dati del dipartimento del Commercio Usa, dei quasi 17,7 miliardi di dollari di giocattoli importati dagli Stati Uniti lo scorso anno, il 75% - per un valore di 13,4 miliardi di dollari - proveniva dalla Cina. Pechino "pigliatutto": "Gli Stati Uniti importano dalla Cina fino al 75% dei giocattoli che vendono, il che rende questo settore uno dei più dipendenti dalla catena di approvvigionamento del gigante asiatico. Insieme ad attrezzature sportive e giochi, il settore rappresenta la quarta categoria di prodotti importati dalla nazione".
Un terremoto che ha spinto Greg Ahearn, presidente e CEO della Toy Association, la principale associazione commerciale Usa del settore, ad arrivare a dire di temere che il “Natale sia a rischio”. Secondo Ahearn, i dazi del 145% sui prodotti "made in China" potrebbero aumentare i prezzi di giochi, bambole, automobili e altri giocattoli del 15-20% entro l'autunno.

Il mercato dell'artigianato natalizio di Yiwu, provincia cinese di Zhejiang - ANSA
Ma non solo giocattoli. I rivenditori statunitensi dipendono quasi completamente dalla Cina anche per le decorazioni natalizie. Come riporta la Reuters, arriva dalle fabbriche del gigante asiatico l’87% dei prodotti natalizi, per un valore di circa 4 miliardi di dollari. Una vera interdipendenza allaccia le economie dei due Paesi: le fabbriche cinesi dipendono fortemente dal mercato statunitense, dove vendono metà di ciò che producono. Anche qui i dazi potrebbe avere un unico indesiderato effetto fatale: fermare tutto. Jessica Guo, che gestisce anche una fabbrica di alberi di Natale a Jinhua, ha dichiarato di essere appena stata informata da un importante cliente statunitense della sospensione di un ordine da 3 milioni di yuan (408.191 dollari) per il quale aveva già speso 400.000 yuan in materiali. Risultato? Prevede che l'ordine verrà presto annullato ed è preoccupata per la sua attività.
"Io e i miei colleghi facciamo affidamento sugli ordini dagli Stati Uniti per sopravvivere", ha detto Guo. "Questo avrà inevitabilmente ripercussioni su molte persone. Nessuno può sfuggire". Le previsioni sono nefaste: gli economisti affermano che la guerra commerciale ridurrà di 1-2 punti percentuali la crescita economica cinese quest'anno, "esacerbando i problemi di sovraccapacità industriale. Inoltre metterà a repentaglio posti di lavoro e alimenterà ulteriormente le forze deflazionistiche".