mercoledì 20 dicembre 2023
Ismail Haniyeh, che vive a Doha, incontra il capo dei servizi egiziani, che mediano insieme a Qatar e Stati Uniti. Al Consiglio di sicurezza dell'Onu slitta ancora il voto sul cessate il fuoco
Un edificio di Khan Yunis, nel sud della Striscia, dopo l'attacco missilistico di stamani

Un edificio di Khan Yunis, nel sud della Striscia, dopo l'attacco missilistico di stamani - Reuters

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Israele offre una tregua ad Hamas in cambio di ostaggi. Sarebbe pronta a interrompere i combattimenti nella Striscia di Gaza per una o due settimane dietro il rilascio di 40 dei rapiti nel massacro del 7 ottobre. La proposta sarebbe stata consegnata agli alti funzionari del Qatar che fanno da mediatori per conto di Hamas nella trattativa.

Stamani è arrivato al Cairo il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, che vive a Doha. Sarebbe il segnale che qualcosa si sta muovendo ai massimi livelli. Con lui c'è l'ex leader del gruppo islamista Khaled Meshal. In programma l'incontro con il capo dei servizi segreti egiziani, Abbas Kamel.

Secondo una fonte israeliana vicina al dossier, sentita dalla Cnn, le posizioni restano distanti. Hamas avrebbe alzato la posta, chiedendo il rilascio di detenuti di "peso maggiore" rispetto a quelli che Tel Aviv ha scarcerato durante la tregua di fine novembre. D'altra parte, lo Stato ebraico avrebbe rilanciato con la richiesta di avere indietro tutti i 129 ostaggi che restano nella Striscia, dei quali solo 108 sarebbero in vita. Un prezzo che Hamas sarebbe disposta a pagare solo in cambio del definitivo cessate il fuoco, che Israele non sembra disposta a concedere.

Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh: vive a Doha in Qatar

Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh: vive a Doha in Qatar - Ansa

Dall'inizio della guerra, è la seconda volta che Haniyeh arriva in Egitto, che è il principale mediatore del conflitto insieme a Qatar e Stati Uniti. Ieri Hamas si era detta «aperta a qualsiasi iniziativa che contribuisca a porre fine all'aggressione contro il nostro popolo e ad aprire i valichi per portare aiuti» ai palestinesi. Il presidente israeliano, Isaac Herzog, aveva replicato che il Paese «è pronto» a un'altra tregua che consenta il rilascio degli ostaggi e l'ingresso di ulteriori aiuti umanitari, pur sottolineando che tutta la responsabilità è nelle mani di Hamas.

Delle oltre 240 persone rapite dai terroristi nel massacro del 7 ottobre, 129 sono ancora ostaggio a Gaza ma 21 sarebbero morte. La tregua del 24 novembre consentì, in una settimana, il rilascio di 105 ostaggi, 24 dei quali stranieri, in cambio della scarcerazione di 240 detenuti palestinesi.

Slitta il voto al Consiglio di sicurezza dell'Onu: si cerca un'intesa

Di una sospensione delle ostilità si discute da giorni al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove da lunedì si negozia il testo di una risoluzione che non venga bloccata dal veto degli Stati Uniti com'è accaduto con le due bozze precedenti.

Il Consiglio dei 15 avrebbe dovuto votare lunedì, sul testo proposto dagli Emirati Arabi Uniti. Ma il voto è stato ripetutamente rinviato perché Emirati e Stati Uniti starebbero trattando per concordare una versione ("sospensione" dei combattimenti o "pausa umanitaria" al posto di "cessazione") che impegni Israele a fermarsi solo per un lasso di tempo e che includa la proposta di un monitoraggio degli aiuti umanitari da parte delle Nazioni Unite.

Gli scenari per il dopoguerra. E le spaccature nella leadership di Hamas

Secondo il Washington Post, l'amministrazione di Joe Biden vorrebbe che la descalation cominciasse entro la fine dell'anno. Dopo l'eventuale tregua per il rilascio degli ostaggi, Tel Aviv potrebbe anche impegnarsi a ritirare le truppe, soprattutto dal nord, e condurre operazione più mirate. Uccidere Yahya Sinwar e Mohammed Deif, i due capi di Hamas a Gaza, rimane «uno dei principali obiettivi» della guerra di Israele. Ma questo compito è complicato dalla probabilità che i due leader si siano circondati di alcuni degli ostaggi.

Il quotidiano Usa riferisce anche di un documento del Dipartimento di stato che ipotizzerebbe per il dopoguerra il controllo di Gaza affidato, con il «sostegno dei governi arabi moderati», a «palestinesi che non siano affiliati ad Hamas» e vengano coadiuvati da «militari che operano sotto mandato dell'Onu». Dovrebbero essere disposti a «collaborare con le truppe israeliane che ancora circondano il confine».

Fonti del Wall Street Journal parlano di contatti riservati dei leader di Hamas all'estero, Haniyeh e Mashaal, con l'esponente di Fatah (la fazione del presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, al potere in Cisgiordania) Hussein al-Sheikh nel tentativo di formare un'alleanza per il dopoguerra. Ne sarebbe all'oscuro, in quanto contrario, il leader di Hamas a Gaza Yahya Sinwar, a cui l'esercito sta dando la caccia.

Raid nel sud della Striscia: dozzine di vittime, donne e bambini

Pesanti bombardamenti hanno investito all'alba la Striscia di Gaza, in particolare Jabalya nel nord e Khan Yunis nel sud. Fonti locali e giornalistiche parlano dell'uccisione e il ferimento di dozzine di civili, la maggior parte dei quali bambini e donne. L'agenzia di stampa Safa, affiliata ad Hamas, ripresa dalla Bbc, riferisce di feroci scontri tra miliziani ed esercito nel centro di Khan Yunis, nonché di violenti scontri e attacchi aerei nell'area di Ma'an.

Nonostante le pressioni internazionali per risparmiare le vite dei civili, il bilancio delle vittime sfiora quota 20.000 secondo il ministero della Sanità palestinese. Con la morte di un altro riservista, di 34 anni, sale a 134 la conta dei soldati caduti.

Il quotidiano israeliano Haaretz scrive che le Brigate al-Quds hanno pubblicato un video di due ostaggi israeliani - Gadi Mozes, 79 anni, e Elad Katzir, 47 anni - rapiti da Nir Oz il 7 ottobre. Le loro famiglie hanno chiesto ai media israeliani di non pubblicare il video.

Cresce anche la preoccupazione che il conflitto possa estendersi, soprattutto a causa degli attacchi alla navigazione internazionale nel Mar Rosso da parte dei ribelli Houthi in Yemen, che come il movimento islamista palestinese sono sostenuti dall'Iran.

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