lunedì 27 ottobre 2014
​Il premier israeliano annuncia «1.060 nuovi alloggi per gli ebrei», i leader palestinesi gridano alla «provocazione». Schierati 6.000 agenti per tenere sotto controllo la protesta.
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Mentre a Gerusalemme Est 6.000 agenti israeliani sono impegnati a tenere sotto controllo focolai di protesta palestinesi, i dirigenti delle due parti hanno dato vita a una nuova schermaglia dai toni altamente polemici. Dopo aver annunciato lunedì mattina la progettazione di 1.060 alloggi per ebrei in due quartieri, il premier Benyamin Netanyahu è poi andato alla Knesset (parlamento) per sancire una volta di più "il pieno diritto di Israele di costruire nei rioni ebraici di Gerusalemme, così come gli inglesi costruiscono a Londra e i francesi a Parigi". Da Ramallah un dirigente di al-Fatah, Jibril Rajub, ha immediatamente denunciato la "provocazione" e ha assicurato che per quanto concerne Gerusalemme i palestinesi "non alzeranno mai bandiera bianca". Poco dopo, a rafforzare il concetto è stato lo stesso premier dell'Anp, Rami Hamdallah, recatosi a pregare sulla Spianata delle Moschee. Da là ha ribadito che "Gerusalemme sarà l'eterna capitale dei palestinesi". Lo accompagnavano responsabili dei servizi di sicurezza palestinesi.A far salire la temperatura in città ha contribuito mercoledì scorso l'uccisione di una neonata ebrea e di una giovane donna ecuadoriana, travolte per strada da un'automobile guidata da un simpatizzante di Hamas, poi ucciso da un agente mentre tentava la fuga. L'altra notte, ai margini del funerale, si sono avuti disordini. Nelle stesse ore è stata sepolta anche la seconda vittima.Il discorso del premier israeliano. Netanyahu, giunto lunedì sera alla Knesset per l'apertura della sessione autunnale, aveva piglio battagliero, per niente incline a compromessi. Ad alimentare le tensioni a Gerusalemme, ha sostenuto, non sono affatto i progetti ebraici di nuove edificazioni bensì la "virulenza retorica" dell'Anp. La costituzione di uno Stato palestinese, ha fatto ben comprendere, non è dietro l'angolo. Occorrerà prima che riconosca il carattere ebraico di Israele; che sia smilitarizzato; che comprenda le necessità di sicurezza dello Stato ebraico; che garantisca di non trasformarsi in un "un nuovo avamposto iraniano" nella Regione. Intese israelo-palestinesi - ha fatto balenare il premier - potrebbero scaturire forse in un futuro più lontano, in virtù di accordi regionali con Paesi arabi pragmatici. "Un discorso schiettamente di destra" ha sentenziato un analista. "Netanyahu è tornato alla base di partenza", ossia al nocciolo duro del Likud.L'allarme dell'Anp. Vista da Ramallah, la politica del governo israeliano rappresenta una fonte di allarme non solo per i palestinesi ma per l'intera Regione. "È una minaccia per la stabilità del Medio Oriente, per la pace globale" ha denunciato Rajub. "I peggiori terroristi - ha incalzato - sono appunto l'occupazione, le colonie, il razzismo". È allora dovere degli israeliani - ha concluso - dire "basta" a Netanyahu, mostrargli "il cartellino rosso". Le conseguenze rischiano altrimenti di essere "drammatiche".Nel frattempo la Spianata delle Moschee (che per gli ebrei è il Monte del Tempio) continua ad essere teatro di confronto fra gli integralisti ebrei e quelli islamici. I primi premono sul governo per aver maggiore presenza nella Spianata. Netanyahu ha risposto loro che lo status quo non sarà alterato: saranno consentite loro brevi visite, ma non la recitazione di preghiere. Sul versante opposto un leader del movimento islamico, lo sceicco Kamal Khatib, ha preconizzato dalla moschea al-Aqsa che Gerusalemme "sarà un giorno non solo la capitale dello Stato di Palestina, ma di un vasto califfato islamico. Sarà la capitale di tutte le capitali".
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