domenica 27 marzo 2016
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PARIGI Bombe “sporche” con materiali radioattivi ordinari non arricchiti, sabotaggi di reattori, sorvoli di droni sulle centrali atomiche. In attesa di una riunione internazionale sui potenziali rischi di terrorismo nucleare che si terrà fra qualche giorno a Washington, su richiesta di Barack Obama, ogni scenario è allo studio soprattutto in Francia, il Paese più nuclearizzato al mondo, e in Belgio, dove s’inseguono le rivelazioni su una catena d’indizi di stampo jihadista attorno ai 4 siti atomici nazionali. «Delle bombe sporche sarebbero sufficienti per seminare il panico in qualsiasi grande città», ha avvertito nelle ultime ore il giapponese Yukiya Amano, a capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), evocando un rischio giudicato realistico: il potenziale prelievo di sostanze radioattive da ospedali o università per farne ingredienti di cocktail esplosivi resta sottovalutato «dai Paesi che non riconoscono il pericolo che rappresenta il terrorismo nucleare». Fra questi, quelli che non hanno ratificato uno specifico emendamento alla Convenzione sulla protezione fisica delle materie e dei siti nucleari. Mancano ancora 8 Stati prima dell’entrata in vigore della clausola di sicurezza, ratificata giovedì finalmente dal Pakistan, ma non ancora da altri grandi Paesi dotati del nucleare civile, come il Sudafrica. In una ventina d’anni, l’Aiea ha registrato circa 2.800 casi di traffico, detenzione illecita o scomparsa di sostanze radioattive. E Amano considera «non impossible» persino la fabbricazione per scopi terroristici di una bomba atomica «rudimentale», trattandosi di una «tecnologia non recente». Nel caso belga, in un’intervista alla Libre Belgique, ha appena lanciato l’allarme pure Gilles de Kerckove, il coordinatore unico Ue dell’anti-terrorismo: «Non sarei sorpreso se entro cinque anni ci fosse un tentativo di usare Internet per commettere un attacco» attraverso lo Scada (Sistema di supervisione, controllo e acquisizione dati) di un sito nucleare. Sistemi simili gestiscono pure dighe, grandi stazioni ferroviarie, centrali di controllo del traffico aereo. Se in Francia preoccupa l’estensione del “parco nucleare” (19 centrali dotate di 57 reattori, centri di ricerca e di stoccaggio di scorie), su cui si sono moltiplicati di recente i sorvoli di misteriosi droni di piccole dimensioni, nel Belgio ancora sotto choc 140 militari presidiano giorno e notte le centrali di Tihange e Doel, così come i centri di ricerca nucleare di Mol e Fleurus. Nelle ultime ore, una serie di rivelazioni sui media francesi e belgi ha messo in luce prepotentemente pure il rischio di sabotaggi compiuti da eventuali terroristi capaci d’infiltrarsi nella cerchia di persone autorizzate ad accedere alle stanze dei bottoni delle centrali, o anche solo all’interno dei perimetri di sicurezza. Lo scorso 30 novembre, nell’appartamento bruxellese di Mohamed Bakkali, presunto fiancheggiatore della cellula di Molenbeek, gli inquirenti hanno sequestrato un video di una decina d’ore in cui sono ripresi gli spostamenti del fisico che dirige il centro di studi atomici di Mol. Immagini visionate pure dai fratelli el-Bakraoui, gli stragisti kamikaze di Bruxelles. Ieri, invece, durante un’audizione in Parlamento, il capo della diplomazia belga, Didier Reynders, ha confermato che è stato ritirato il pass a quattro dipendenti della centrale di Tihange, uno dei quali sorpreso mentre commentava le stragi in chiave positiva. Per gli altri, sono state accelerate delle procedure avviate prima degli eccidi. Da giorni, riaffiora pure una scia di precedenti inquietanti. Ilyass Boughalab, “combattente straniero” belga ucciso in Siria nel 2014, aveva lavorato nella centrale di Doel. La stessa da cui è stato licenziato nel 2013 per “radicalizzazione” pure l’ingegnere Azzedine Kbir Bounekoub, partito poi anch’egli in Siria e molto attivo nella propaganda jihadista. Entrambi hanno aderito al famigerato gruppuscolo “Sharia4Belgium”. Sempre nel sito di Doel, risale all’estate 2014 un presunto sabotaggio ancora non delucidato: il 4 agosto, i 65mila litri d’olio necessari a lubrificare una turbina per evitarne il surriscaldamento vennero svuotati attraverso una procedura d’emergenza fuori da ogni controllo e potenzialmente catastrofica. Ancora in corso, l’indagine non ha potuto appurare i responsabili. Ma intanto, la centrale è ripartita. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il capo dell’Aiea, Yukiya Amano: pericolo sottovalutato L’impianto nucleare di Doel, in Belgio (Xinhua/Ye Pingfan)
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