giovedì 10 marzo 2016
Il grido di Failla: «Sono rimasto solo»
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«Sono rimasto da solo, prima stavo bene, ma ora ho bisogno di medicine. Muovi tutto quello che puoi, i media, i tg: ho bisogno di aiuto, la Bonatti non fa più niente...». È il disperato appello del tecnico italiano Salvatore Failla in una registrazione ascoltata il 13 ottobre dalla moglie Rosalba, durante una telefonata giunta dalla Libia di cui lei stessa ha riferito ieri alla stampa. La signora Failla chiese ai sequestratori di passargli il coniuge, ma loro rifiutarono. Il tecnico italiano, sequestrato in Libia il 19 luglio 2015 insieme a tre colleghi, è stato ucciso otto giorni fa col collega Fausto Piano in circostanze ancora da chiarire. Gli altri due, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, imprigionati altrove, sono invece riusciti a fuggire. «Non voglio funerali di Stato per mio marito », ha detto ieri la signora Failla, dando voce alla rabbia della propria famiglia per i troppi punti oscuri legati alla tragica vicenda, inclusa l’esecuzione dell’autopsia in Libia, svolta ieri dalle autorità di Tripoli dopo un “braccio di ferro” con la Farnesina: «Eravamo convinti che l’Italia ci tutelasse e che ci restituisse vivi mio marito e Fausto Piano. Eppure lo Stato non è stato capace nemmeno di impedire che venisse fatta l’autopsia – osserva amaramente Rosalba Failla –. Durante questi lunghi mesi di sequestro, dalla Farnesina ci è stato detto di non fare mai scalpore, di non rispondere alle chiamate dei rapitori. Abbiamo eseguito ogni ordine, nella speranza che Salvatore tornasse a casa. E ora mi sento in colpa per non aver fatto quello che lui chiedeva di fare, smuovendo le acque». Sua figlia Erica riferisce una circostanza che, se confermata, sarebbe inquietante: «I familiari di Piano ci hanno detto che la Farnesina ha riferito loro che sono stati costretti a dargli i corpi per l’autopsia, perché hanno puntato le armi alla testa dei rappresentanti italiani in Libia». In nottata, su un aereo C-130, le due salme sono giunte all’aeroporto di Ciampino. Ma fanno discutere le modalità dell’esame medico di Tripoli: «È stata una vera autopsia, non un’ispezione esterna», osserva l’avvocato dei Failla, Francesco Caroleo Grimaldi, lamentando che sia stato eseguito il prelievo dei proiettili dai cadaveri. «Ora il nostro lavoro sarà più difficile», aggiungono i medici legali Luisa Reggimenti e Orazio Cascio, consulenti della famiglia, esprimendo sconcerto per il fatto che i cadaveri siano stati lavati: «Così si modificano i reperti, si cancella l’eventuale presenza di polveri da sparo dai fori di entrata dei proiettili». Sul sequestro indaga la procura di Roma, che ha già disposto un’ulteriore autopsia presso all’Istituto legale del Policlinico Gemelli.
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