sabato 14 marzo 2020
Parla il direttore generale dell'Oms, Ghebreyesus: la mia più grande paura è che l’epidemia scoppi in quei Paesi dove i sistemi sanitari non riuscirebbero ad affrontare tale sfida
Il contagio in Africa subsahariana: coinvolti già 17 Paesi

Ansa

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«La mia più grande paura è che l’epidemia scoppi in quei Paesi dove i sistemi sanitari non riuscirebbero ad affrontare tale sfida». Tali parole, pronunciate questa settimana dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’etiope Tedros Ghebreyesus, erano un chiaro riferimento all’Africa subsahariana. È in questa vasta regione del mondo che il coronavirus o Covid-19, per alcune ragioni, sembrava non riuscire ad espandersi.

Ora, però, la situazione africana si sta rapidamente aggravando. In meno di una settimana, gli Stati colpiti dal virus sono passati da due ad almeno 17. Con i primi casi in Nigeria e Senegal annunciati a fine febbraio, ora sono stati registrati contagi in Sudafrica, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Togo, Camerun, Repubblica democratica del Congo, Guinea (Conakry) ed Equatoriale, Gabon, Ghana, Etiopia, Kenya, Sudan, Ruanda e Mauritania. Dal primo caso di un italiano residente in Nigeria, persone di diverse nazionalità, locali e stranieri, si trovano in isolamento negli ospedali o in quarantena a casa. «Faccio appello ai miei colleghi africani ad agire insieme – ha detto venerdì Macky Sall, il presidente senegalese –. Dobbiamo evitare che l’Africa diventi il nuovo focolaio della malattia».

In Africa occidentale, il Senegal è per ora uno dei Paesi maggiormente colpiti dal Covid-19: ieri è stata annullata la celebrazione della festa dell’indipendenza del 4 aprile. Dopo i primi quattro casi di contagio registrati fino a inizio marzo, ora sono almeno 19 le persone risultate positive. Nella capitale, Dakar, si è inoltre acceso il dibattito rispetto ai raduni di tutte le religioni: in serata il governo ha deciso di annullare ogni celebrazione fino a nuovo ordine. Tali incontri potrebbero provocare un radicale aumento di contagi poiché coinvolgerebbero decine di migliaia di fedeli senegalesi e stranieri.

In Nigeria, con i suoi oltre 190 milioni di abitanti, l’allerta è ai massimi livelli. «Abbiamo messo in quarantena 58 persone – spiegava ieri una nota governativa –, tutti potenziali contagiati che sono stati in contatto con il primo caso di coronavirus». Sempre nella regione occidentale del continente, il Covid-19 ha registrato tre casi in Burkina Faso, uno in Gabon, uno in Togo, due in Ghana, ieri uno in Mauritania e una belga della delegazione dell’Unione Europea in Guinea Equatoriale. In Africa orientale, il contagio ha coinvolto per ora una studentessa keniana in Kenya e un giapponese in Etiopia, provocando danni nel settore turistico. «Sono vietati i raduni pubblici in tutto il Paese – ha confermato Mutahi Kagwe, ministro della salute keniano–-. Sono inoltre sospesi i voli dalle città a rischio come Milano e Verona direttamente collegati alla costa del Kenya».

L’Oms, grazie a un fondo per l’emergenza, ha rilasciato 15 milioni di dollari per aiutare i Paesi con i sistemi sanitari più a rischio ad «identificare, isolare e curare» i casi sospetti. «Da una parte l’Africa è il tallone d’Achille della sanità mondiale a causa delle fragili strutture ospedaliere – sostengono alcuni analisti africani –. Dall’altra parte, però, il continente ha sicuramente sviluppato una maggiore capacità di gestire le epidemie rispetto ai Paesi europei». E l’età media della popolazione è molto bassa. In Nigeria, per esempio, la febbre di Lassa ha causato oltre 140 morti da gennaio e ha una mortalità del 23%, dieci volte inferiore rispetto al coronavirus. Nella Repubblica democratica del Congo, dopo 19 mesi, è invece quasi finita l’epidemia di ebola che ha provocato più di 2.200 morti.

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