domenica 7 agosto 2011
Dopo una settimana di furibondi scontri con l’esercito regolare e i caschi verdi dell’Unione Africana, i guerriglieri hanno deciso di abbandonare la capitale in ritirata. Alcune fonti parlano di una spaccatura nella leadership dei miliziani. Allarme nei campi profughi in Etiopia: 45 casi di morbillo, si rischia l’epidemia.
- L’Africa senza occhi di Giulio Albanese
- Alinovi: «Gli aiuti siano propedeutici allo sviluppo»
COME CONTRIBUIRE | VAI AL DOSSIER
- Intervista a Paolo Beccegato, responsabile dell'Area internazionale Caritas (audio da Radio inBlu) 
COMMENTA E CONDIVIDI
In una singolare svolta avvenuta nella capitale somala Mogadiscio, i ribelli qaedisti di al-Shabaab hanno lasciato ieri la città per spostarsi verso altre zone del Paese. «Il Governo federale di transizione somalo (Tfg) si compiace del successo ottenuto dalle forze governative appoggiate dalle truppe dell’Unione africana (Amisom)», ha detto il presidente Ahmed durante una conferenza stampa al palazzo presidenziale di Villa Somalia: «Abbiamo sconfitto il nemico al Shabaab», ha aggiunto. I novemila soldati Amisom con l’esercito somalo hanno portato avanti un’offensiva militare contro i ribelli che durante l’ultima settimana ha causato diversi morti e feriti tra le fila di entrambe le fazioni. Secondo vari testimoni, venerdì sera, gli scontri sono stati ancora più crudeli. È la prima volta da quando al-Shabaab ha occupato parte della capitale, quattro anni fa, che il gruppo ribelle si ritira completamente, ma sono in molti a considerare quest’ultima mossa come una strategia di raggruppamento necessaria per possibili combattimenti futuri. «Il nostro ritiro è semplicemente una questione tattica», ha dichiarato Sheikh Ali Mohamud Rage, portavoce di al-Shabaab. «Abbiamo ancora sotto controllo diverse aree in altre parti della Somalia», ha precisato. Sono in molti a pensare che ci siano delle divisioni all’interno della leadership dei ribelli. Una fazione preferisce un’agenda nazionalista che vuole imporre un duro programma islamico sul Paese, mentre un’altra parte di al-Shabaab, quella più infiltrata da elementi stranieri, vuole promuovere la “guerra santa” anche al di fuori del Corno d’Africa, deporre il governo somalo e rafforzare i legami con altre cellule di al-Qaeda nella regione. «Sembra che ci siano dei disaccordi tra i massimi livelli del gruppo ribelle», afferma Farhan Ali, un residente di una zona di Mogadiscio appena lasciata da al Shabaab, e dove «i ribelli non sono stati evacuati con la forza». E quanto siano ormai radicati in Somalia lo dimostra un altro rapporto Onu: gli Shabaab incassano tra «i 70 e 100 milioni di dollari all’anno in Somalia grazie alle tasse illegali, le estorsioni e altre pratiche illegali», ha stimato il Semg, il Gruppo di monitoraggio Onu per la Somalia. «Impongono tasse negli aeroporti, porti e ai checkpoint, e sui prodotti interni impongono contributi per la jihad». Il comandante delle truppe Usa in Africa, il generale Carter Ham, considera al-Shabaab «il gruppo più pericoloso e violento dell’Africa orientale che può contare su un migliaio di combattenti in tutto il Paese». Continuano invece ad arrivare notizie terribili dai campi profughi in Kenya ed Etiopia, dove centinaia di migliaia di somali si sono riversati negli ultimi mesi per fuggire dalla guerra e la siccità. I campi però sono sovraffollati, e si cominciano a registrare epidemie che potrebbero alzare il già alto livello di mortalità soprattutto tra i bambini. «Settimana scorsa, ci sono stati 45 casi e tre morti per una sospetta epidemia di morbillo nel campo Kobe in Etiopia», recita una nota dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur): «Kobe ospita 25mila rifugiati e le epidemie rischierebbero di vanificare il lavoro umanitario fatto durante le ultime settimane per stabilizzare la salute dei profughi».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: