martedì 22 marzo 2011
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«Sono passate quasi due settimane e credo che stiamo scoprendo poco a poco le dimensioni di quanto è successo e in parte sta succedendo. Non possiamo che restare ammirati dalla reazione dei giapponesi e, allo stesso tempo, cercare di capire le dinamiche di quanto sta succedendo e di informarne in modo più bilanciato». A undici giorni dalla catastrofe, le parole del nunzio apostolico in Giappone, l’arcivescovo Alberto Bottari de Castello, sono soprattutto di speranza e di comprensione della situazione del Paese.Eccellenza, qual è la sua percezione della situazione?Ero in nunziatura a Tokyo e ho vissuto la scossa, terribile, che ci ha gettati nell’ansia. Poi, visto che Tokyo è uscita relativamente indenne dal sisma, il pensiero è andato subito allo tsunami che è risultato devastante. Infine, è emerso ben presto il problema delle centrali e delle fughe di radioattività. Tutto questo ci ha coinvolto, ma non ci ha impedito di reagire con la necessaria lucidità.E qual è stata la risposta dei giapponesi all’emergenza?Il Paese ha risposto con la sua proverbiale capacità di organizzazione. Ovviamente, nel contesto di un evento che ha superato ogni aspettativa, ogni previsione. Tenendo anche conto che ai gravi problemi già presenti si aggiunge l’attesa per un altro forte sisma, previsto ma non ancora verificatosi. Occorre guardare con speranza al futuro, ma anche essere realisti. Manca l’elettricità, i treni sono ridotti e le comunicazioni stradali difficili. I rapporti che ci arrivano dalle zone colpite parlano di situazioni dolorose di sopravvissuti morti di freddo e di stenti. Siamo davanti a una realtà che non ha uguali e perfino il Giappone sta scoprendo i propri limiti. Come reagisce il Paese?Il Giappone vuole fare le cose con tempi e modi certi ma questo ora sta risultando impossibile. Commuove e provoca ammirazione l’atteggiamento della popolazione, di quanti stanno soffrendo pesantemente. Per loro, il messaggi del Santo Padre, che è stato diffuso ovunque, è stato di consolazione. Sono circa 200mila gli sfollati che stanno raggiungendo Tokyo dalle aree di evacuazione e questo per impegno del governo ma anche nostro, della Chiesa locale e universale. Davanti a una situazione di una gravità mai vista prima che non ha piegato i giapponesi, si fatica a restare indifferenti davanti ai titoli e ai testi sensazionalistici di tanti nostri giornali che pretendono di spiegare la realtà senza comprenderla correttamente.In che modo la Chiesa può essere vicina al popolo giapponese data la situazione?La Chiesa sta facendo quello che le è possibile. Sono in contatto con i vescovi locali e il presidente della Conferenza episcopale. So quanto è stata pronta la partecipazione al dramma, alle raccolte e ai soccorsi. Ora è stato attivato un centro di coordinamento della Chiesa giapponese e della Caritas a Sendai. Il 24 ci sarà, a Tokyo un incontro dei vescovi per stabilire in concreto le linee d’intervento. Anche spiritualmente occorre far sentire la forza della solidarietà e lo sguardo verso l’altro in maniera più profonda. Non insegnare ma essere vicini, dato che l’insegnamento del cuore è fondamentale nel contesto giapponese. Ci si domanda tante volte che cosa possa convincere alle conversioni che vediamo. Ebbene, molti sono stati convertiti da un gesto di carità e di amore.
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