sabato 26 marzo 2011
La città di Ajdabiya è caduta nelle mani degli insorti. Per le forze governative però si tratta di una ritirata tattica: «I ribelli avanzano solo grazie ai raid occidentali», ha detto il viceministro degli Esteri libico a Tripoli. I miliziani denunciano: finora 8 mila morti nella rivolta. «La missione in Libia sta avendo successo», ha detto il presidente Obama. Francia e Gran Bretagna pronte a presentare una proposta politica.
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La città libica di Ajdabiya è caduta sabato mattina nelle mani degli insorti. La città ha risuonato dei clacson delle milizie, che festeggiavano il successo militare. Un portavoce degli insorti a Bengasi, roccaforte dell'opposizione nella Libia orientale, ha detto che le forze fedeli a Gheddafi sono fuggite da Ajdabiya, incalzate dagli antigovernativi sulla strada per Brega, 75 chilometri più ad ovest. Le forze fedeli a Muammar Gheddafi hanno effettuato una "ritirata tattica" da Ajdabiyia, dove le forze ribelli avanzano "solo grazie ai raid occidentali". Lo ha affermato il viceministro degli Esteri libico, Khaled Kaaim. "È solo una ritirata, le nostre forze torneranno a Ajdabiya", ha sottolineato Kaaim in conferenza stampa.Le forze dei ribelli libici hanno offerto "la resa ai soldati di Muammar Gheddafi", ma questi si sono rifiutati e sono stati attaccati. Lo ha detto un portavoce dei ribelli, il colonnello Ahmed Omar Bani.La missione in Libia "sta avendo successo". "Una catastrofe umanitaria è stata evitata e le vite di civili, innocenti uomini, donne e bambini, sono state salvate". Lo ha detto il presidente americano Barack Obama nel discorso settimanale alla nazione, sottolineando che gli "americani devono essere orgogliosi delle vite salvate in Libia e dell'operato dei nostri uomini e delle nostre donne in uniforme che ancora una volta hanno dimostrato di difendere i nostri interessi e i nostri idealI.«GIA' 8 MILA I MORTI NELLA RIVOLTA»Bombardamenti di notte, combattimenti di giorno. Tutto potrebbe decidersi ad Ajdabiya, città strategica perché ultimo presidio degli insorti prima di Bengasi. Se cade Adjabiya, i 160 chilometri che la separano dalla «capitale della rivolta» potrebbero essere consumati in un soffio dalle truppe di Gheddafi. Da più di una settimana la città è terreno di scontro, teatro di un continuo alternarsi di avanzate e ritirate, dell’una e dell’altra parte. I governativi restano ammassati alla porta occidentale. I ribelli controllano i quartieri più orientali. All’interno, la popolazione, intrappolata in una situazione critica: è sempre più complicato trovare cibo, acqua, elettricità. Quel che accade è difficile da capire, impossibile da verificare. La propaganda – quella di regime, quella degli insorti – amplifica e distorce i dati di fatto. Persino, o forse soprattutto, il bilancio delle persone uccise – a causa dei bombardamenti alleati o dell’offensiva di terra del Colonnello – è “strumento” di guerra. Le ultime cifre sono state dichiarate ieri da un portavoce del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), l’organo politico degli oppositori: ha parlato di «otto-diecimila morti dall’inizio della rivolta», il 17 febbraio. «Ma temiano che il bilancio possa essere molto più grave», ha aggiunto. In effetti, non si sa nemmeno quante siano le vittime degli scontri di questi giorni Ad Ajdabiya. Nella città, i ribelli, nonostante un equipaggiamento insufficiente e poco o zero addestramento, riescono a “tenere”. Quantomeno a “tenere” le truppe del rais – che ieri ha promosso in massa tutti i soldati e gli ufficiali dell’esercito per “incentivarne” l’azione – ferme sulle loro posizioni a ovest della città. Questo anche grazie ai raid della coalizione, che hanno bombardato per tutta la notte i tank dei governativi, indebolendo la loro stretta. Un portavoce del Cnt ha fatto sapere che Ajdabiya potrebbe essere presto «liberata». Ma la situazione è estremamente instabile. I ribelli hanno radunato quanti più uomini possibili a difendere la città. E in tarda serata sono riusciti a consolidare le posizioni nella parte orientale. Fonti dell’opposizione hanno anche detto che molti miliziani del rais sarebbero stati catturati. Al-Jazeera ha parlato infine di una «mediazione» in corso per la resa delle brigate di Gheddafi ad Ajdabiya, ma la notizia non ha trovate conferme. Mentre una secca smentita è arrivata da Bengasi all’ipotesi di un negoziato con il rais. Il Cnt – che ieri ha, tra le altre cose, incassato l’apprezzamento dell’ambasciatore americano inviato in Libia, Gene Cretz, che ha elogiato la visione dei diritti umani e delle donne contenuta in un documento degli insorti – ha bocciato senza mezzi termini l’ipotesi di accogliere una delegazione che il Colonnello avrebbe inviato in città per «negoziare la pace». «Non esiste nulla di simile, non crediamo al doppio gioco di Gheddafi, che finora ci ha mandato solo armi e distruzione», ha spiegato un portavoce ufficiale. Le notizie arrivate da Zawia, la città a una quarantina di chilometri da Tripoli (ovest del Paese) riconquistata pochi giorni fa dalle truppe governative, confermano e rafforzano la decisione. Ribelli a Zawia e residenti che ne sono fuggiti hanno infatti reso testimonianze concordanti su continui pestaggi, rapimenti e sparizioni messi in atto dai miliziani del rais. «Sequestrano i giovani, chiunque abbia meno di 50 anni. Tutti vengono portati via: migliaia di abitanti sono scomparsi in questo modo», ha denunciato un portavoce degli oppositori che vive a Zawia.Sempre nell’Ovest della Libia, resta delicata la situazione a Misurata. Dopo dopo la sanguinosa battaglia di mercoledì, sembra che gli insorti siano riusciti a prendere il controllo della città. Ma le truppe di Gheddafi continuano a mantenere l’assedio dall’esterno e, soprattutto, nel centro sono sempre in azione centinaia di cecchini. Ieri, comunque, alcune organizzazioni umanitarie sono riuscite a consegnare i primi aiuti alla popolazione. Barbara Uglietti
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