sabato 5 marzo 2011
La battaglia si è concentrata nella città di Zawia, che è stata riconquistata dai governativi. Combattimenti anche a Ras Lanuf, che è però è rimasta in mano ai ribelli. Ancora raid sull’Est. Tripoli resta congelata nel terrore Il regime ha bloccato il sistema di comunicazioni. E avviato una campagna di «omicidi mirati» contro gli oppositori. Oggi salpa la prima nave italiana con gli aiuti.
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Quasi tutte le rivolte arabe della storia sono iniziate di venerdì, il giorno della preghiera. È successo anche a Benghasi, al-Zawia e Misurata, nella Libia dei nostri giorni, come accadeva nella Baghdad di mille anni fa. Anche questo venerdì si è annunciato di fuoco, con una violenta battaglia a Zawia, la città ad appena 35 chilometri da Tripoli che una settimana fa era caduta sotto il controllo dei ribelli. Mentre a Tripoli il regime di Gheddafi si è preparato con particolare cura per questo venerdì, temendo insurrezioni dopo la preghiera. Già dalla sera prima l’intero sistema delle comunicazioni libiche è stato bloccato per impedire agli insorti di darsi appuntamento in luoghi prefissati. Telefoni e Internet sono stati resi inoperativi, al-Jazeera è stata oscurata e decine di carri armati sono stati dispiegati nelle strade, formando un sistema quasi invalicabile di posti di blocco, per impedire la mobilità delle persone. In previsione di un’insurrezione, qualche giorno fa il regime ha anche avviato una sistematica campagna di omicidi mirati e di rapimenti, colpendo soprattutto  l’ala più operativa dei Fratelli musulmani e tutti coloro che hanno avuto ruoli attivi nelle rivolte. Due giorni fa è stato ucciso a Fashlun, un sobborgo di Tripoli dove la resistenza è molto attiva, Abdallah Futmani, di Bani Walid, che si era trasferito nella capitale per aiutare il coordinamento della rivolta. Letteralmente sparito un altro attivista di Misurata, Abd al-Rahman Swely, che era sulla strada di Tripoli con i suoi tre figli di cui si sono perse le tracce. Alla macchia anche uno dei capi principali della rivolta, che si sposta continuamente fra Tripoli, Tajura, Khams e altre città, senza mai dormire due volte nello stesso posto.Durante la notte sono stati uditi colpi di Kalashnikov in diversi quartieri della città e l’opposizione lamenta l’arresto e la sparizione di numerosi attivisti e delle loro famiglie. Ahmad al-Quseir, il numero due dei Fratelli musulmani libici in esilio, denuncia «un clima di terrore nella città. La popolazione è spiata e terrorizzata e per noi è diventato difficile tenere i contatti senza mettere in pericolo la vita delle persone». Non osiamo chiedere altri contatti telefonici. È forse per questo che alla fine della salat, la preghiera canonica collettiva del venerdì, le molte migliaia di fedeli che si sono radunate nei quartieri più attivi, come Suq al-Gumah, Fashlun, Abu Salim  e Sharia’ ben Assur, hanno desistito dall’inscenare grandi manifestazioni. Ovunque mukhabarat, polizia ed esercito.Incidenti in realtà si sono avuti ancora a Piazza Algeria, nel cuore nobile di Tripoli, dove un piccolo gruppo dei fedeli usciti dalla moschea ha lanciato sassi contro i gruppi filo-Gheddafi, provocando raffiche di Kalashnikov in aria. Soprattutto gli incidenti sono scoppiati a Tajura, una cittadina di 250.000 abitanti a meno di 20 chilometri da Tripoli.Un migliaio di persone sono scese in piazza  dopo la preghiera, con cartelli e slogan anti-regime. L’esercito e le milizie Kata’ib, che circondavano la piazza, le hanno attaccate con gas lacrimogeni e armi leggere. Vi sono feriti. Quando siamo arrivati sul posto, verso le 15, l’odore urticante del gas lacrimogeni non ci ha permesso di entrare nella moschea. Le forze di sicurezza hanno immediatamente catturato me, il collega Biloslavo e altri due colleghi di al-Arabiya. Dopo averci minuziosamente controllato con i mitragliatori spianati sul naso, messi in stato di fermo e sequestrato tutto il materiale documentario, siamo stati rilasciati.Mentre cala il sole la città appare stordita. A distanza si sente ancora il sinistro crepitio dei colpi, mentre le famiglie si riuniscono per la festa serale del venerdì. Per oggi il Colonnello ha vinto. La rivolta ad occidente è ancora ferma. Ma in un anno ci sono ancora molti venerdì.
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